Vilnius Man

domenica, maggio 29, 2005

Boredom

Nella noia calda e umida di questi giorni capitano giornate impagabili come quella di ieri. Quando succederà di nuovo di sedere sull’erba di un parco di Vilnius con due fratelli lituani (tra cui il mio nuovo guru musicale), la loro madre, Petra, un ragazzo israeliano di origini ucraine, un’amica svizzera e bere birra locale al miele, ingozzarsi di tipicissimo pane fritto al formaggio, ascoltando un concerto di musica e canti folcloristici lituani, lettoni, georgiani, cinesi, bielorussi, parlando di affinità tra le culture, della simbologia pagana, della Torah, del conflitto arabo-israeliano, della radizione tessile di questa regione ed essendo completamente spensierati. L’erasmus. Questo è un aspetto della globalizzazione a cui i governi dovrebbero dare molta importanza. Basta così poco a sentirsi parte della stessa cosa: birra e musica. E se entrambe sono di alto livello ogni guerra mondiale muore sul nascere nel fegato di noi piccole pedine del futuro dell’umanità.

Fuori fa un caldo inimmaginabile. C’è sole sempre e questo mi sfasa. Se vado a letto a mezzanotte c’è luce, se vado a letto alle 4 del mattino c’è luce, poi dormo due ore e mi sveglio perché penso di aver dormito troppo, quando in realtà sono le 6 e mezza, ma il sole è altissimo. Casa mia è un forno se non lascio socchiuse le finestre di cucina e salotto. Se penso ai -20°C…

giovedì, maggio 26, 2005

Vacation

Chissà come mai quando avevo lezione e virtualmente meno tempo riuscivo a dedicarmi a mille attività eccitanti. Adesso che ho molto tempo non faccio nulla (o troppo poco) e mi vergogno a dire che sto facendo fatica a trovare lo spazio per andare a Riga e Tallinn, che sono visite che mi preme fare. Un po’ come quando sono in Italia e penso che tanto ci vivo, la visiterò in futuro e poi all’estero incontri gente che ha visto un po’ tutto lo Stivale e tu non puoi quasi parlarne se non per sentito dire. Sono quei paradossi che mi fanno alzare le sopracciglia e stringere le labbra.
Ieri ho fatto un salto in giornata a Paneriai, dove tra il 1941 e il 1944 i nazisti hanno fatto scavare le proprie fosse comuni a 100000 ebrei lituani per poi fargliele utilizzare tramite un colpo alla nuca. Il bosco è bello, la natura in questo periodo è rigogliosa, ma l’energia del posto è molto pesante nonostante i tanti anni che sono passati ed è come se la memoria del massacro si sia iscritta nell’erba e nei sassi, impregnando di dolore il luogo. Parlavamo a bassa voce per non disturbare un lento processo di riassorbimento degli eventi di 60 anni fa. Come se non bastasse, il villaggio di Paneriai, dove si trova la stazione, sembra fuori dal mondo nella sua piccolezza comunque caratterizzata da pesanti e decontestualizzati palazzi sovietici.
Tornato a Vilnius vado prendermi una birra al caffè del museo d’arte contemporanea e chi ci trovo? Jeremy Irons. Ai suoi due cani (poco curati) piaccio, così scambio due battute con lui e gli stringo la mano. Surreale. Sta lavorando a un film a Trakai (infatti avevo visto, quando sono andato con Alan, che stavano costruendo dei set) e aveva denti e occhi gialli. Immagino fosse per costruire il personaggio, continuava a fumare sigarette rollate e mi ha detto che non poteva fare foto in quanto starebbe lavorando.
Oggi ho ricevuto il visto per la mia prossima destinazione: la Federazione Russa! Il 4 giugno prenderò il treno per San Pietroburgo e il viaggio terminerà a Mosca il 13, dove probabilmente festeggerò il mio compleanno (l’11). Per questo viaggio sono decisamente su di giri: se penso a quanto sono attratto dalla storia e dai misteri della Guerra Fredda e dall’incomprensibile capitolo socialista. E finalmente riuscirò a vedere il corpo di Lenin, nel suo mausoleo, nella Piazza Rossa, e lo osserverò come un enigma archeologico proveniente da un altro pianeta.


In cirillico il mio nome ha due lettere: ян (Ja-N)

lunedì, maggio 23, 2005

Palanga

Giovedì sera, quando sono uscito con Petra per festeggiare la mia fine della settimana di lavoro, faceva ancora fresco. Venerdì mattina ho preso il bus per Palanga e sabato pomeriggio mi sono addormentato sulla spiaggia, in costume, rosolando come una bistecca. Adesso ho un uniforme color gambero che presto diventerà abbronzatura. Il week-end a Palanga è stato bello, ma non quello che mi aspettavo. Il cambiamento di tempo deve avermi colto di sorpresa. Forse sono molti i fattori che mi stanno mettendo in qualche modo in discussione; se mi riguardo indietro all’inizio c’erano freddo, neve e buio, poco lavoro, molta curiosità e tanta voglia di nuotare in mezzo a una folla sempre nuova. Poi c’è stato il conclave di lavoro, dove ho dovuto recuperare e aggiornare tutto il lavoro per la consegna dell’università, un tempo fresco ma poco tempo libero per uscire. Ho dovuto darmi una certa disciplina. Adesso sono libero, scevro di preoccupazioni e obiettivi a breve termine (o comunque da raggiungere a Vilnius) e il tempo è magnifico, oggi giravo in maglietta. Sono un po’ scombussolato.
A Palanga sono stato bene, ma sotto sotto sapevo che un meeting di 300 studenti stranieri non è detto che sia una figata. 300 studenti erasmus sono 300 persone nella stessa barca con poco contatto con l’estreno, che quindi si relazionano un po’ come farebbe un grosso gruppo guidato di turisti. Un manipolo di erasmus in un contesto di Lituani è ben altro: significa che la stessa barca naviga in mare nuovo e imprevedibile, ed è lì il fattore eccitante. Poi, come sempre, si cade nel cliché di fare festa a tutti i costi e tirar mattina. Magari sono io il nerd, ma queste cose non fanno per me, non sono –per me- naturali. Ho preferito andare a dormire e selezionare persone con cui fare dei discorsi interessanti. Sono un po’ stufo di bere per essere ubriaco e uscire ogni sera. Quello era negli ultimi due mesi e mezzo, dove essere ubriaco e senza controllo era un modo per formalizzare e dare un motivo a una situazione dove di fatto non avevo controllo: il mio nuovo contesto di vita. Comunque non rimpiango nulla, anzi, ma adesso è un periodo così. Di cambiamento e riconfigurazione; me lo godo lo stesso, sono questi i momenti dove di solito imparo di più.

giovedì, maggio 19, 2005

Freedom

Alle 07:45 mi sono presentato davanti alla copisteria dello strozzino. L’aria è fresca, davanti a me una ragazza con una giacchetta bianca e degli occhi particolarissimi aspetta un po’ scocciata, forse ha dormito poco. Dopo 10 minuti arriva il ragazzo dal collo piatto di ieri, butta la sigaretta e entra. Dopo un attimo possiamo entrare anche noi. Stampo quasi subito, alle 08:15 e alle mezza esco dal negozio che nel frattempo ha accumulato una discreta coda. Torno a casa, ritaglio e incollo le ultime baggianate dopo una frugale colazione a base di corn flakes insipidi e caffè e impacchetto i lavori. Mantas, per fortuna, mi passa a prendere con la macchina alle 09:30, i lavori vanno esibiti dalle 10:00 in poi.
Ho finito.
Paradossalmente sembra essere piaciuto di più il progetto di grafica che quello di prodotto, anche se del primo mi sono curato molto poco. Per quello di scultura il prof ha scosso la mano in segno di mediocrità.
Ma ho finito! Adesso sono libero per un po’ finché non inizia il corso estivo (summer practice). Domattina alle 09:00 mi incontro davanti all’università centrale per partire per un week-end di incontro di tutti gli studenti erasmus in Lituania. Meta: Palanga, la capitale della villeggiatura estiva lituana, nei pressi di Klaipeda. Metterò le foto, ma adesso mi godo la giornata, rassetto casa dai trucioli di carta, PVC, gomma e polistirolo e schiaccio un pisolino.
Libero!
Casa mia durante la settimana di lavoro.

mercoledì, maggio 18, 2005

Vanduo

Messaggio sulla porta del palazzo: lunedì e martedì non ci sarà acqua calda. Vabbè, mi organizzo e soffro un po’. Tanto me ne devo stare chiuso in casa a lavorare. Oggi, messaggio sulla porta del palazzo: a causa del rinnovamento dell’impianto idraulico l’acqua calda non ci sarà fino alla mezzanotte di giovedì. Ho letto bene?
Si, ho letto bene. Solo che oggi mi sono dovuto lavare come si deve. Lavarsi come i gatti non porta pulizia socialmente accettabile. Comunque sia, ho scaldato l’acqua col bollitore e con la pentola e con mia grande sorpresa mi sono fatto una specie di doccia completa e socialmente ineccepibile con appena 5 litri d’acqua calda. Doppio shampoo e balsamo compresi. E io che mi ritenevo ecologista solo perché chiudo l’acqua mentre mi spazzolo i denti per non lasciarla scorrere invano. 5 litri d’acqua calda contro i 50 che in media usiamo a testa per una doccia.
Sono tornato indietro nel tempo a quando le comodità erano altre. Adesso che abbiamo acqua calda a volontà cazzeggiamo sotto lo scroscio dilatando il tempo di un’operazione basilare come lavarsi (insaponi, sfreghi, sciacqui). Mi sorge l’impressione che le comodità eccessive (davo per scontata l’acqua calda sinceramente) annebbino la mente e il focus sulle cose che veramente hanno valore. Vivere comodi non fa badare al sodo, ma ci fa sprofondare nel cazzeggio. Non a caso i miracoli economici si sono concentrati dopo due guerre mondiali.

Work

Domani ho la consegna dei laboratori e di scultura. Sono 3 giorni che lavoro a pieno regime per consegnare qualcosa di dignitoso nonostante non riceva un voto, ma solo un “si” o “no”. Sono esausto, questa settimana è stato un cambio diametrale di ritmo di vita, ma anche soddisfatto di essermi trovato a gestire abbastanza bene questa situazione. Ho quasi finito. Se non fosse per il fastidio dei fastidi dei fastidi imprevedibili.
Alle 16:15 tutto è praticamente pronto (devo stampare per poter continuare un lavoretto che una volta fatto si concluderebbe con una stampa veloce domattina). Vado in copisteria, sotto casa, e mi dicono che non si possono stampare gli A2, in quanto la macchina è busy e anche domani è dura perché hanno troppo da fare.
Gelo.
Stampo un A3 che mi serviva, pago il prezzo da strozzini che fanno ed esco. So che subito dietro l’angolo ce n’è un’altra di copisteria. Entro e chiedo, ma anche qui niente, perché la macchina è rotta. Solo bianco e nero. Adesso comincio ad avere paura. Sono le 16:30 e alle 18:00 chiudono le copisterie. Chiamo Mantas, dice che un posto c’è ma mi devo muovere, il taxi mi butta giù il telefono, il tempo passa, le palle mi girano.
Penso “sticazzi”, ma probabilmente l’ho detto perché un passante mi ha guardato (tanto non capisce), torno dallo strozzino e gli dico di stampare gli A2 su due A3, il che è fattibile anche se non del tutto bello da presentare. Quattro cose mi fanno girare le scatole:
- Nel settare le pagine in modo che una volta stampate combacino il ragazzo ha osato dire che è un lavoro difficile (facendomi capire che non aveva voglia di farlo).
- Quando gli rispondo che questo lavoro lo devo fare e non ci sono alternative mi dice “Beh potevi venire prima”, gli faccio con calma che prima non avevo finito ma mi stava per partire un coppino sul suo collo piatto.
- Erano quasi le 18:00 ma già da venti minuti tutti erano a sbadigliare e a spegnere le luci.
- A un certo punto, nonostante la coda che si era formata dietro di me (stavolta non mi sono fatto sorpassare senza dire nulla), il ragazzo si è alzato per andare a mettere su un caffè.
Insomma, va bene che è un paese povero, che la gente è stata messa sotto per decenni da politiche economiche disastrose, ma adesso non è più possibile dare la colpa a un vecchio regime. Se il paese è povero è anche perché la gente non si rimbocca le maniche e non cambia la propria mentalità. Sarà difficile, ma chi non vive passivamente sa farlo. Tantissimi datori di lavoro con cui ho parlato sono piuttosto arrabbiati col modo di lavorare di molti dipendenti locali e ogni poco ne ho la conferma che non basta cambiare un governo se non cambiano le teste. La nuova generazione dà comunque molte più speranze, i giovani si danno da fare, studiano, lavorano e vanno anche all’estero per guadagnare di più. Prima mi piaceva lo scorrere rilassato della vita, ma adesso mi rendo conto che una vita così è di un piatto che fa spavento, a meno che non si esca tutte le sere come noi erasmus…

lunedì, maggio 16, 2005

Monsoon

Ormai sono abituato, quando esco, a mettermi il mio gagliardissimo giaccone imbottito della NATO comprato in Svezia. E’ caldo, comodo, perfettamente resistente all’acqua e al freddo e mi fa sembrare grosso e cattivo. Non l’ho nemmeno pagato tanto. Comunque oggi esco e mi investe un caldo umido come non lo sento da mesi. Vado in accademia con la giacca sottobraccio, mangio e do’ due colpi di tagliapolistirolo al mio progetto di scultura. Quando torno fuori mi coglie un temporale monsonico con secchiate d’acqua dal cielo, tanto che per un attimo m’è parso di scorgere dei lucci nuotare ad altezza uomo. Dal colletto della giacca estraggo il cappello antiatomico e antilaser (in questo caso molto valido anche contro la pioggia), ma una voce da dentro mi dice di ripararmi da qualche parte. Mi siedo sotto un tendone-bar e mi faccio portare un tè alla frutta (giusta densità, giusto colore, giusto sapore di fragola, ciliegia e lampone). La pioggia raddoppia, stavolta vedo George Clooney sul suo peschereccio de “La tempesta perfetta” alle prese con l’ancora laterale che gli sbatte contro il cockpit mentre bestemmia in inglese con sovratitoli in lituano. Finita la pioggia mi pento di non avere con me la fotocamera, perché mi diverto alla vista di una barbona seminuda (ma tutto sommato né troppo vecchia, né troppo làida) che danza scalza in una pozzanghera e fa ruotare i sacchetti di plastica (casa sua immagino) parlando coi piccioni.
Detto questo, ho scoperto delle cose molto curiose sul mio padrone di casa, Vladas Česiunas:

Oct. 22, 1979 Bad News for Defectors Determined to paddle his own canoe in the West, Vladas Cesiunas, 39, slipped away from a Soviet sports team at Frankfurt airport in August, while en route to the World Canoe Championships in Duisburg. A gold medal winner in the 1972 Olympics, the Soviet canoeing star was quickly granted political asylum in West Germany, and thus became the first of the well-known Soviet sport and dance personalities who have defected to the West in the past two months, a group that includes Bolshoi Ballet Star Alexander Godunov and Skaters Oleg Protopopov and Ludmila Belousova. What happened to Cesiunas since his escape may give other potential defectors second thoughts. Agents of the Soviet secret police are believed to have swooped down on the athlete last month as he stood outside a school in a suburb of Dortmund where he was studying German. According to Kurt Rebmann, West Germany's chief federal public prosecutor, who released news of Cesiunas' disappearance last week, "There are definite indications that he was abducted by the Soviet secret service and forced to leave the country against his will." If he has been repatriated by force, the canoeist faces a charge of treason, for which the penalty could be death. Last week the West German embassy in Moscow received an anonymous phone call from a Russian who claimed that Cesiunas was being held in a Soviet prison hospital, with severe head injuries, including a cracked skull. Though Moscow has long been upset by celebrated defectors, it has rarely taken violent action to bring them back home in the post-Stalin era. Why the special interest in a gold medal canoeist? A big clue could lie in the book Cesiunas was planning to write for publication in the West prior to the 1980 Moscow Olympics. The subject: an expose of how Soviet athletes use drugs in order to excel in international competitions.
Fonte:

domenica, maggio 15, 2005

Niet


Mood della settimana

mercoledì, maggio 11, 2005

Money

Ci sono diversi atteggiamenti degli stranieri a Vilnius che mi urtano. Ma uno su tutti è il peggiore, il più vacuo e falso: la sicurezza apparente dettata dai soldi. Eccoli, gli stranieri, passeggiare per il Brodvėjus con lo sguardo sicuro da agente segreto, vestiti da star (cioè: si sono giocati il guardaroba per questa settimana a Vilnius), bere e offrire da bere, fare i papponi con le ragazze. Senza ironia. Un conto è fare il cretino, un conto è crederci veramente. Pensare che avere i soldi significhi essere una persona più profonda, più interessate, più sexy è la più penosa delle fandonie. C’è gente che a queste fandonie crede o vuole credere (anche per opportunismo) e mi sta bene, ma quando il “ricco” si comporta da duro indipendentemente da tutto allora la situazione è triste.
Triste, perché il denaro non è la verità, non è la misura delle cose, ma spessissimo riduciamo tutto a questo e mi sono accorto anche io, nei primi giorni, che mi sentivo più figo per questo motivo (ma non mene rendevo conto).
Si può dire che i Lituani non lavorino, non producano, cazzeggino, ma cosa abbiamo noi nelle nostre metropoli occidentali? Lavoro convulso, stressante, opprimente e poco tempo per dedicarci a noi stessi e alla nostra verità, alla nostra vera essenza e personalità. E più guadagniamo, più perdiamo la capacità di dare il valore ai soldi e di vedere noi stessi da un’ottica estranea a quella del denaro. A cosa ci porta questo?
Il denaro non è il male, intendiamoci, non sto facendo il discorso qualunquista sui ricchi cattivi e i poveri buoni, sto solo sottolineando che una cosa è guadagnare, ben altra è saper usare il denaro in modo positivo. A Milano è pieno di figli di papà senza prospettive, sempre ubriachi, alla ricerca della stronzata più grande da commettere per farsi vedere, che buttano nel nulla centinaia di euro al giorno. Qui ci sono poveracci senza prospettive, sempre ubriachi, alla ricerca della stronzata che li cambi la vita e che buttano nel nulla la loro vita. La differenza è nei soldi, ma non in quello che queste due persone sentono. Paura.
Dopo quasi tre mesi qui ho raggiunto una comprensione un po’ più completa del pensiero comunista. Il capitalismo in sé è pieno di difetti, ma è anche una tappa necessaria nell’evoluzione della coscienza dell’umanità. E’ l’esperienza con il benestare, ma non è possibile che duri per sempre se la lezione che dà è che il denaro è la misura fondamentale delle cose. Perché la misura delle cose è l’uomo, siamo noi stessi. Sono sempre stato e sempre sarò un critico delle idee comuniste che ancora oggi sopravvivono, ritenendole inapplicabili e deresponsabilizzanti del cittadino, ma dopo questo periodo inizio a intravedere il nocciolo del pensiero che ha mosso così tante masse, costruito uno stato e ispirato tante persone, ma che si è del tutto sputtanato perché radicato nella razionalità più bieca e gelida, nell’incomprensione del tempo in cui sarebbe dovuto prosperare, ha voluto tutto subito e non ha esitato a fare il bagno fratricida nel sangue. Il pensiero socialista classico è fuori tempo massimo e non può tornare ma può trovare un’altra via applicabile attraverso nuove idee e nuovi pensatori, ma non credo sia possibile adesso. La nostra mente non è ancora pronta a una novità in questa direzione, siamo ancora sottomessi dalle nostre insicurezze, dal guardare la pagliuzza nell’occhio del nostro prossimo invece che la trave nel nostro, dal vivere la vita degli altri perché non cerchiamo la nostra. Insomma, ci vorranno ancora un po’ di secoli.
Ma in tutto il delirio oppressivo e ingiustificabile del periodo sovietico ho colto le logiche tecnicamente giustificabili. Il fatto è che la storia l’abbiamo raccontata noi che abbiamo vinto contro il cancro sovietico, ma da qui qualcosa dell’altra parte ancora si vede. Prendiamo l’idea di fondo di creare un uomo nuovo che cooperi, contro l’imperialismo e l’esibizione di forza distruttiva di fine Ottocento, alla creazione di una società giusta e democratica, dove tutti ricevono allo stesso modo e lavorano per il gusto di lavorare al fine di creare un futuro migliore per tutti. L’idea è buona, se ragioniamo per noi stessi. In fondo, ricevere di più o di meno è un concetto che si può applicare solo se poniamo un paragone. Un paragone? Col prossimo, giusto? Se quello che riceviamo ci basta ed è sufficiente per vivere bene, che ci frega di avere di più o di meno di un altro?
Se il mondo occidentale dal punto di vista comunista è il nemico e con l’inganno di una vita migliore riesce ad attrarre (inganno, perché le basi del sistema capitalista sarebbero sbagliate) il buon cittadino sovietico (dei mali è meglio la povertà e la Siberia o un mondo “corrotto” ma sotto sotto opulente?), non è giusto costruire un vallo di protezione antifascista, anche contro le infiltrazioni di spie dall’ovest? Tecnicamente sarebbe corretto. E gli appartamenti per tutti? E’ davvero necessario avere bagno e cucina in casa? Cosa ci serve di più di un letto e di un armadio? Nella razionalità più estrema è giusto anche questo. Ma estremo. La proprietà privata? A cosa ci servono tanti oggetti da accumulare se possiamo accedervi comunque per sfruttarne il servizio? Mettiamoci nei panni dei Russi. Per loro il loro sistema era La Via. E’ per questo che non riesco ad accettare che un sistema repressivo e sanguinario che ha creato così tanta povertà e sofferenza sia potuto sopravvivere per così tanto solo attraverso la repressione attuata dai suoi leader. E’ evidente, corruzione e avidità a parte, che gli stessi leader dovevano credere in qualcosa, dovevano avere un ideale, per quanto piccolo. Ho fatto lo stesso discorso su Lukashenko con un amico. Non riesco ad accettare che il dittatore se ne stia in sella solo ed esclusivamente per brama di potere e follia patologica. E’ troppo scontato. Probabilmente anche lui, come Hitler, ha dentro di sé la convinzione di fare del bene per il suo popolo. E comunque dopo vari anni non ci si abitua al potere? Sono domande a cui mi sembra di scorgere una vacillante silhouette di risposta, ma ancora per me resta misterioso il periodo 1917-1991. Se penso che la filosofia in antica Grecia è nata con il miglioramento delle condizioni della vita della gente, allora mi rendo conto che il periodo sovietico aveva delle premesse anche in parte (sottolineo in parte) giuste, ma un‘applicazione perpetrata da incapaci e avidi criminali, proprio come quelli che volevano combattere.
Capitalismo non vuol dire male, nonostante tutto, in quanto è una delle espressioni di libertà, perché ti lascia la possibilità di scegliere. Certo, ha degli effetti collaterali, ma la mente saggia sa gestire anche questo.

martedì, maggio 10, 2005

Shiver

Giorni fa Marco mi ha fatto notare una cosa che mi ha fatto rabbrividire. Se mi guardo in giro, per la strada manca qualcosa, anzi qualcuno: tutta la fascia d’età dei quarantenni-cinquantenni. Si tratta delle vittime della deportazione. Non me n’ero mai accorto ed è così palesemente sotto gli occhi di tutti.

Alone

Tabula rasa. Ernesto è a Panevėžys per lavoro, Mirko credo che sia blindato in casa in buona compagnia, io devo lavorare e mi sono perciò isolato. Petra va a Kaunas domani e stasera non esce, forse una bionda (una Švyturys) con Riccardo me la faccio anche, ma senza dilaniarmi mente e corpo. La savaitė è dedicata a leccarsi le ferite e a ripigliarsi completamente per fiondarsi nei prossimi due mesi e mezzo di Paura e Delirio®. Sono seduto davanti al computer in cucina, su questa orrenda sedia bielorussa per robot, dalla seduta antiergonomica in legno perfettamente piatto. Ogni 5 minuti devo spostare il peso da un gluteo all’altro se non voglio che mi si addormenti tutta la zona del bacino, o peggio, se non voglio che le ossa del bacino si facciano strada attraverso muscoli e pelle per far capolino dalle chiappe. Questa è la sensazione che mi da questa seggiola inquisitoria del cribbio.
Sono un po’ stanco, è una sensazione che mi prende la zona delle sopracciglia e delle palpebre e mi fa tenere leggermente in tensione i muscoli della fronte.
La lavatrice pulsa in bagno, i Cranberries pulsano dalle casse del PC, in casa fino a pochi minuti fa c’era odore di caffè, adesso l’unico odore che sento è quello del sapone che ho usato per le mie mani. In giro per la casa, in cucina e in salotto ci sono vari pezzi di materiale che mi servirà per fare i modellini (5) per lunedì. Di quelli mi occuperò nel weekend.
Fuori il tempo è una via di mezzo fra il grigio “mo’ piovo” e l’azzurro “mo’ faccio bel tempo”. Questo è il motivo per cui non sono riuscito a portare Christian sulla torre della TV, nonostante ci fossi andato con Alan e Niki qualche giorno prima, ma sarebbe stato interessante per il mio ultimo ospite. Vabbè.
Mi chiedo cosa stiano facendo i miei compagni di accademia, saranno tutti affannati sui loro lavori e studi teorici, mentre io, dopo tanti buoni propositi, sto scrivendo per il blog. Mi piacerebbe chiedere delle conferme sul mio lavoro ma sembrano non avere neanche un attimo. Oggi pomeriggio credo che andrò in accademia a lavorare con la tagliapolistirolo per il modello di scultura e per dare forma a una bottiglia per il corso di design grafico. Poi devo capire un po’ meglio come diavolo si formano i fogli di PVC con l’acqua calda per farne dei cilindri. Prima si smollano, ma poi si irrigidiscono subito e non riesco a metterli in forma. Forse dovrei andare a comprare dei tubi già fatti.
Devo fare la spesa, per motivi turistici bene o male si mangiava fuori o a casa di amici e adesso posso nutrirmi solo di burro, pecorino e salame. Ho bisogno di acqua, ma soprattutto di pastasciutta.
Con la musica siamo quasi di nuovo alle solite. Le canzoni che ho sul computer mi stanno annoiando e mi serve roba nuova.
Stavo pensando alla mia vita a Milano. Non mi manca nulla, proprio nulla, sono però curioso a volte di vedere come se la passano i miei amici. Mi piacerebbe anche veder cosa succederebbe se dovessi tornare per 24 ore e fare una serata con tutti. Non vuol dire che la mia vita originale non mi piaccia e che i miei vecchi amici siano polvere da soffiar via. No. E’ che ho cancellato tutto il mio passato quando sono arrivato qui, l’ho messo in un cassetto per vedere se un nuovo presente sarebbe andato in conflitto con esso una volta tornato e rimescolato tutto. E’ che ho due vite da adesso che alla fine di questa esperienza dovranno fondersi in una, ma per mescolare due ingredienti è necessario che questi siano puri. Non respingo Milano, respingo solo l’abitudine a qualcosa che qui non c’entra, ma che tornerà a essere lo standard fra qualche mese. Respingo Milano per vivere Vilnius con purezza e curiosa ingenuità, ma l’affetto per le persone che mi hanno accompagnato fino a qui permane e mi sostiene quando serve.

lunedì, maggio 09, 2005

Guests/3

Si, il blog è mio e apertamente ne sottolineo la univocità e soggettività delle opinioni. Sono un piccolo Lukashenko online. Oggi, per dare una parvenza di pluralismo dell’informazione ho acconsentito a lasciar scrivere un pezzo al mio inviato speciale, Christian. Ovvio che avrei censurato il censurabile, ma non è il caso qui. Lascio lo spazio di stasera nelle mani del mio compagno di ventura.

Eccomi! Veni, vidi e domani purtroppo tornerò a Milano dove tra l’altro mi dicono esserci 30 gradi. Qui fa decisamente più fresco, anche adesso che sto scrivendo in pigiama e ogni tanto ho una leggera scossa di brividi. In Lituania il riscaldamento lo accendono solo se per due giorni la temperatura scende sotto lo zero…un po’ la chiusura ma alla fine ci si abitua a tutto.
Durante il viaggio in taxi dall’aeroporto a casa di Jan la prima impressione che ho avuto guardando fuori dal finestrino non è stata delle migliori: cielo grigio, leggera pioggerella, blocchi di casermoni abbastanza degradati verniciati di colori sbiaditi…ma, ripensandoci, un’immagine simile ad una qualsiasi periferia di una qualsiasi città. La prima sera ho conosciuto subito tutta la compagnia di Jan. C’è chi è qui per studio, chi per uno stage, chi per business e chi per..boh…non si è capito. Mi sono trovato bene con tutti quelli che ho conosciuto e non ricordo l’ultima volta che ho riso tanto; non avete idea della quantità di cazzate che si sparano qui, na cosa teribbile! Poi ci sarebbe da parlare del costo della vita che è veramente ridotto per chi è abituato all’euro! Con 15 euro mangi fuori pranzo e cena, poi vai a ballare e prendi almeno due consumazioni…fate vobis. Insomma, per farla breve ho passato una settimana incredibile. Vi racconterò i particolari al mio ritorno! Ringrazio Jan per tutto, è semplicemente il migliore, ringrazio Giovanni, Marco, Mirko, Ernesto, Riccardo e tutti quelli che mi hanno fatto ridere almeno una volta. Torno da Vilnius con una voglia di viaggiare e di conoscere posti nuovi ancora più grande di quella di prima. Mi viene in mente una frase: la vita è come un libro, chi non viaggia ne legge solo una pagina.
Iki ir ačiū.

Savaitė

La savaitė (settimana) lituana, che non è il savate (disciplina sportiva di combattimento), ma ha sull’uomo medio gli stessi effetti. Per due mesi e mezzo sono uscito la sera, tranne qualche volta, ma in questi 10 giorni di ospiti e forti cambiamenti ho dovuto (dovuto? In erasmus language si dice voluto) concentrare tutta la vita da viveur in questo periodo. Ecco perché mi sembra di essere uscito da un incontro di savate. Sono a pezzi. Stasera è l’ultima sera del mio ultimo ospite e mi sembra giusto viverla in grande. Domani, poi, si torna alla vita erasmus diluita. Non dico che si torni alla vita erasmus di prima, perché gli ultimi del vecchio e affiatatissimo gruppo che rimangono sono Ernesto (forse) e Mirko (forse). Giovedì è arrivato il ragazzo (Riccardo) che oggi ha preso il posto di Giovanni e sabato Giovanni è partito. Che scazzo. Con tutta la compagnia che ho conosciuto qui a Vilnius si è sviluppata un’amicizia molto bella, fondata sul rispetto e sulla condivisione, ma soprattutto caratterizzata da una totale e non-giudicante apertura mentale. Qualunque siano stati i difetti dei membri del gruppo, questi non sono mai stati espressi in modo distruttivo, ma sempre con rispetto e voglia di divertirsi. Con Giovanni, poi, ho avuto un rapporto particolare, perché c’è stato un mese in cui tutti sono partiti e io mi sono trovato con lui a fare tutto (tipo il viaggio a Minsk). Da un lato spero che la storia si ripeta, dall’altro sono curioso di vedere cosa succederà ancora. Il cambiamento è in effetti la cosa più eccitante che ci possa capitare, ma è pur sempre difficile da gestire in quanto ci scombussola il fragile rapporto di sicurezze che abbiamo costruito nel tempo. Bisogna armarsi di fiducia e ottimismo, altrimenti il prezzo da pagare è lo scazzo, con conseguente crollo di standard nell’esperienza che sto vivendo.
Comunque adesso HABEMUS STAGISTAM.
Riccardo, subito rinominato Giovanni Riccardo II, il successore diretto del sacro stagista alla camera di commercio italiana a Vilnius (una scrivania con un telefono nello Scandinavian Business Center, in Nagarduko), Giovanni. Sono certo che farà parte di una nuova costellazione di conoscenze, che comprenderà anche gli altri studenti erasmus a Vilnius (che prima quasi non conoscevo).
L’unica mia preoccupazione -non fondata- è la consegna dei lavori di lunedì prossimo.

venerdì, maggio 06, 2005

Guests/2

Ancora nulla. Fra due lunedì ho la consegna finale di scultura, urban design e graphic design. Per scultura devo finire i modelli, per urban design devo aggiornare una funzione del progetto, mentre per graphic design mi trovo ancora a pascolare in un mare di cazzeggio. Tra weekend e inizio settimana partirà buona parte del mio gruppo di caciara (Giovanni e Marco… e Christian che è arrivato martedì e martedì riparte) così mi trovo con una settimana assolutamente in solitudine da usare per andare in clausura a lavorare di brutto. Quel lunedì mi presenterò con tutto fatto.
Christian sta dormendo adesso, il che è anti-erasmus vista la mia media di 5-6 ore con riposo totale una volta a settimana. Ma si capisce, non è facile capire i meccanismi della vita notturna di Vilnius e non li spiegherò mai se voglio che questa piccola isola di divertimento mantenga la sua parziale verginità per ancora un po’ di tempo. Quando gli altri sono andati a Klaipeda per un weekend sono andati in una discoteca, incontrando l’unico eramsus italiano della città e questo li ha fatto promettere di non rivelare a nessuno nulla di quel locale o di cosa succeda lì. E si capisce, è il nostro piccolo paradiso in un universo parallelo dove tutto è al contrario rispetto all’Italia. La mia piccola Giamaica bionda.
Non venite, fa schifo.
Ieri ho conosciuto degli altri erasmus al Brodvejus e mi ha fatto piacere, nonostante mi sembrassero un po’ degli sfigati. Il mio gruppo fa spaccare di brutto, ma si sta decomponendo a causa delle partenze. Era Marco che diceva una cosa verissima: ogni personaggio qui a Vilnius ha una ed esattamente una caratteristica esagerata ed è questo che lo rende unico e ‘personaggio’.
Marco, con la sua capacità di parlare delle cose frivole con una serietà e professionalità incredibile.
Mirko è impassibile come Buster Keaton mentre bestemmia e spara le sue battute.
Giovanni non si scompone mai, è tranquillissimo anche in situazioni limite (cioè spesso) e ti risponde col suo accento de Roma.
Ernesto è Ernesto, è abruzzese e si sente e una battuta detta con la sua parlata fa partire una reazione a catena di risate.
Ci sarebbe da riempire la pagina parlando del cantante, il suo manager, i businessmen con le loro nuove cazzate (a cui Marco –idolo- ha risposto per le rime) e i turisti recidivi e arrapati. Insomma, c’è un mondo nel mondo.
Ah! Sono le 10:45 e Christian si è svegliato. Sei erasmus.