Vilnius Man

mercoledì, maggio 18, 2005

Work

Domani ho la consegna dei laboratori e di scultura. Sono 3 giorni che lavoro a pieno regime per consegnare qualcosa di dignitoso nonostante non riceva un voto, ma solo un “si” o “no”. Sono esausto, questa settimana è stato un cambio diametrale di ritmo di vita, ma anche soddisfatto di essermi trovato a gestire abbastanza bene questa situazione. Ho quasi finito. Se non fosse per il fastidio dei fastidi dei fastidi imprevedibili.
Alle 16:15 tutto è praticamente pronto (devo stampare per poter continuare un lavoretto che una volta fatto si concluderebbe con una stampa veloce domattina). Vado in copisteria, sotto casa, e mi dicono che non si possono stampare gli A2, in quanto la macchina è busy e anche domani è dura perché hanno troppo da fare.
Gelo.
Stampo un A3 che mi serviva, pago il prezzo da strozzini che fanno ed esco. So che subito dietro l’angolo ce n’è un’altra di copisteria. Entro e chiedo, ma anche qui niente, perché la macchina è rotta. Solo bianco e nero. Adesso comincio ad avere paura. Sono le 16:30 e alle 18:00 chiudono le copisterie. Chiamo Mantas, dice che un posto c’è ma mi devo muovere, il taxi mi butta giù il telefono, il tempo passa, le palle mi girano.
Penso “sticazzi”, ma probabilmente l’ho detto perché un passante mi ha guardato (tanto non capisce), torno dallo strozzino e gli dico di stampare gli A2 su due A3, il che è fattibile anche se non del tutto bello da presentare. Quattro cose mi fanno girare le scatole:
- Nel settare le pagine in modo che una volta stampate combacino il ragazzo ha osato dire che è un lavoro difficile (facendomi capire che non aveva voglia di farlo).
- Quando gli rispondo che questo lavoro lo devo fare e non ci sono alternative mi dice “Beh potevi venire prima”, gli faccio con calma che prima non avevo finito ma mi stava per partire un coppino sul suo collo piatto.
- Erano quasi le 18:00 ma già da venti minuti tutti erano a sbadigliare e a spegnere le luci.
- A un certo punto, nonostante la coda che si era formata dietro di me (stavolta non mi sono fatto sorpassare senza dire nulla), il ragazzo si è alzato per andare a mettere su un caffè.
Insomma, va bene che è un paese povero, che la gente è stata messa sotto per decenni da politiche economiche disastrose, ma adesso non è più possibile dare la colpa a un vecchio regime. Se il paese è povero è anche perché la gente non si rimbocca le maniche e non cambia la propria mentalità. Sarà difficile, ma chi non vive passivamente sa farlo. Tantissimi datori di lavoro con cui ho parlato sono piuttosto arrabbiati col modo di lavorare di molti dipendenti locali e ogni poco ne ho la conferma che non basta cambiare un governo se non cambiano le teste. La nuova generazione dà comunque molte più speranze, i giovani si danno da fare, studiano, lavorano e vanno anche all’estero per guadagnare di più. Prima mi piaceva lo scorrere rilassato della vita, ma adesso mi rendo conto che una vita così è di un piatto che fa spavento, a meno che non si esca tutte le sere come noi erasmus…