Vilnius Man

mercoledì, maggio 11, 2005

Money

Ci sono diversi atteggiamenti degli stranieri a Vilnius che mi urtano. Ma uno su tutti è il peggiore, il più vacuo e falso: la sicurezza apparente dettata dai soldi. Eccoli, gli stranieri, passeggiare per il Brodvėjus con lo sguardo sicuro da agente segreto, vestiti da star (cioè: si sono giocati il guardaroba per questa settimana a Vilnius), bere e offrire da bere, fare i papponi con le ragazze. Senza ironia. Un conto è fare il cretino, un conto è crederci veramente. Pensare che avere i soldi significhi essere una persona più profonda, più interessate, più sexy è la più penosa delle fandonie. C’è gente che a queste fandonie crede o vuole credere (anche per opportunismo) e mi sta bene, ma quando il “ricco” si comporta da duro indipendentemente da tutto allora la situazione è triste.
Triste, perché il denaro non è la verità, non è la misura delle cose, ma spessissimo riduciamo tutto a questo e mi sono accorto anche io, nei primi giorni, che mi sentivo più figo per questo motivo (ma non mene rendevo conto).
Si può dire che i Lituani non lavorino, non producano, cazzeggino, ma cosa abbiamo noi nelle nostre metropoli occidentali? Lavoro convulso, stressante, opprimente e poco tempo per dedicarci a noi stessi e alla nostra verità, alla nostra vera essenza e personalità. E più guadagniamo, più perdiamo la capacità di dare il valore ai soldi e di vedere noi stessi da un’ottica estranea a quella del denaro. A cosa ci porta questo?
Il denaro non è il male, intendiamoci, non sto facendo il discorso qualunquista sui ricchi cattivi e i poveri buoni, sto solo sottolineando che una cosa è guadagnare, ben altra è saper usare il denaro in modo positivo. A Milano è pieno di figli di papà senza prospettive, sempre ubriachi, alla ricerca della stronzata più grande da commettere per farsi vedere, che buttano nel nulla centinaia di euro al giorno. Qui ci sono poveracci senza prospettive, sempre ubriachi, alla ricerca della stronzata che li cambi la vita e che buttano nel nulla la loro vita. La differenza è nei soldi, ma non in quello che queste due persone sentono. Paura.
Dopo quasi tre mesi qui ho raggiunto una comprensione un po’ più completa del pensiero comunista. Il capitalismo in sé è pieno di difetti, ma è anche una tappa necessaria nell’evoluzione della coscienza dell’umanità. E’ l’esperienza con il benestare, ma non è possibile che duri per sempre se la lezione che dà è che il denaro è la misura fondamentale delle cose. Perché la misura delle cose è l’uomo, siamo noi stessi. Sono sempre stato e sempre sarò un critico delle idee comuniste che ancora oggi sopravvivono, ritenendole inapplicabili e deresponsabilizzanti del cittadino, ma dopo questo periodo inizio a intravedere il nocciolo del pensiero che ha mosso così tante masse, costruito uno stato e ispirato tante persone, ma che si è del tutto sputtanato perché radicato nella razionalità più bieca e gelida, nell’incomprensione del tempo in cui sarebbe dovuto prosperare, ha voluto tutto subito e non ha esitato a fare il bagno fratricida nel sangue. Il pensiero socialista classico è fuori tempo massimo e non può tornare ma può trovare un’altra via applicabile attraverso nuove idee e nuovi pensatori, ma non credo sia possibile adesso. La nostra mente non è ancora pronta a una novità in questa direzione, siamo ancora sottomessi dalle nostre insicurezze, dal guardare la pagliuzza nell’occhio del nostro prossimo invece che la trave nel nostro, dal vivere la vita degli altri perché non cerchiamo la nostra. Insomma, ci vorranno ancora un po’ di secoli.
Ma in tutto il delirio oppressivo e ingiustificabile del periodo sovietico ho colto le logiche tecnicamente giustificabili. Il fatto è che la storia l’abbiamo raccontata noi che abbiamo vinto contro il cancro sovietico, ma da qui qualcosa dell’altra parte ancora si vede. Prendiamo l’idea di fondo di creare un uomo nuovo che cooperi, contro l’imperialismo e l’esibizione di forza distruttiva di fine Ottocento, alla creazione di una società giusta e democratica, dove tutti ricevono allo stesso modo e lavorano per il gusto di lavorare al fine di creare un futuro migliore per tutti. L’idea è buona, se ragioniamo per noi stessi. In fondo, ricevere di più o di meno è un concetto che si può applicare solo se poniamo un paragone. Un paragone? Col prossimo, giusto? Se quello che riceviamo ci basta ed è sufficiente per vivere bene, che ci frega di avere di più o di meno di un altro?
Se il mondo occidentale dal punto di vista comunista è il nemico e con l’inganno di una vita migliore riesce ad attrarre (inganno, perché le basi del sistema capitalista sarebbero sbagliate) il buon cittadino sovietico (dei mali è meglio la povertà e la Siberia o un mondo “corrotto” ma sotto sotto opulente?), non è giusto costruire un vallo di protezione antifascista, anche contro le infiltrazioni di spie dall’ovest? Tecnicamente sarebbe corretto. E gli appartamenti per tutti? E’ davvero necessario avere bagno e cucina in casa? Cosa ci serve di più di un letto e di un armadio? Nella razionalità più estrema è giusto anche questo. Ma estremo. La proprietà privata? A cosa ci servono tanti oggetti da accumulare se possiamo accedervi comunque per sfruttarne il servizio? Mettiamoci nei panni dei Russi. Per loro il loro sistema era La Via. E’ per questo che non riesco ad accettare che un sistema repressivo e sanguinario che ha creato così tanta povertà e sofferenza sia potuto sopravvivere per così tanto solo attraverso la repressione attuata dai suoi leader. E’ evidente, corruzione e avidità a parte, che gli stessi leader dovevano credere in qualcosa, dovevano avere un ideale, per quanto piccolo. Ho fatto lo stesso discorso su Lukashenko con un amico. Non riesco ad accettare che il dittatore se ne stia in sella solo ed esclusivamente per brama di potere e follia patologica. E’ troppo scontato. Probabilmente anche lui, come Hitler, ha dentro di sé la convinzione di fare del bene per il suo popolo. E comunque dopo vari anni non ci si abitua al potere? Sono domande a cui mi sembra di scorgere una vacillante silhouette di risposta, ma ancora per me resta misterioso il periodo 1917-1991. Se penso che la filosofia in antica Grecia è nata con il miglioramento delle condizioni della vita della gente, allora mi rendo conto che il periodo sovietico aveva delle premesse anche in parte (sottolineo in parte) giuste, ma un‘applicazione perpetrata da incapaci e avidi criminali, proprio come quelli che volevano combattere.
Capitalismo non vuol dire male, nonostante tutto, in quanto è una delle espressioni di libertà, perché ti lascia la possibilità di scegliere. Certo, ha degli effetti collaterali, ma la mente saggia sa gestire anche questo.

2 Comments:

  • Vedo con piacere che le tue riflessioni iniziano ad incorporare quello che ho sempre pensato ti mancasse (e qui, lo metto subito in chiaro, non mi metto in cattedra), e cioe' una sostanziale divisione tra il pensiero comunista e la sua messa in atto da parte dell'unione sovietica. E' vero che il comunismo e' sostanzialmente molto piu' pragmatico e razionale di un ideologia piu' occidentale (in Italia stiamo ancora discutendo degli stessi problemi da 40 anni), ma non mi ridurrei a vederlo come 'a cosa ci serve il bagno in casa se c'e' fuori' ma piuttosto come 'se per il bene comune dobbiamo usare il bagno fuori, allora ben venga'.
    La sostanziale differenza che io vedo sta nel fatto che, come tu dici, per raggiungere questo bene comune si debba passare per un sacrificio ed uno sviluppo personale. Come si dice per il petrolio, forse non stiamo ancora abbastanza male per capire che dobbiamo invertire la rotta. Quello che purtroppo mi dispiace e' leggere come tu veda nel capitalismo un passaggio obbliglatorio, o addirittura che i suoi difetti siano risolvibili attraverso la saggezza.
    Io penso sia difficile vedere i lati negativi del capitalismo quando se ne stanno vivendo i lati positivi (io compreso of course) ma probabilmente se si fosse dall'altra parte della lama, la visione sarebbe completamente opposta.
    Non voglio cadere in banalita' piu' di quanto possa aver fatto fino a questo punto, ma penso veramente che se il comunismo sia stato messo in pratica in modo sbagliato, o che sia essenzialmente inapplicabile al pensiero umano, il capitalismo lo e' certamente nel modo peggiore, ed in principio. Se poi vediamo l'effetto che ha sulla societa' americana, societa' che negli ultimi anni , dati riportati dalle societa' di carte di credito, spende piu' di quanto guadagna. Chi ne paghera le conseguenze? Non vedo l'ora di scoprirlo veramente.

    By Blogger Uppsomatosis, at 14 maggio, 2005 17:10  

  • Il capitalismo non è il sistema peggiore, anzi, secondo me allo stato attuale delle cose è il meno peggio: dice che a sacrificio corrisponde un premio; che poi ci siano delle perversioni è il danno collaterale. Il problema è che puntiamo tutto sull'intermediario sbagliato e irreale: il denaro.

    By Blogger Jan, at 16 maggio, 2005 20:56  

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