Vilnius Man

sabato, aprile 30, 2005

Guests

Giovedì ho fatto presenza in uni per dare una spinta al mio modello del corso di scultura. Non l’ho finito, e una mia compagna ha riso quando le ho detto che intendevo fare quello definitivo. Non ho capito perché. Io ero serio. Sono due mesi che faccio vedere dei disegnini. Ora che va bene, che faccio? Me lo tolgo dalle scatole, sparisco per un po’ e mi presento alla consegna con tutto fatto. So cosa devo fare, e se poi non è perfetto, vabbè.
Alle 16 apro la finestra e guardo in strada con un po’ di eccitazione per un pezzo della mia vecchia vita che torna a visitarmi. Per essa è Upgrade Time! Alan e Niki, eccoli lì che –scesi dal taxi- cercano il numero 14 un po’ timidi ad entrare nel portico col grande cortile.
Grandi! Entrate nel portone, a destra, citofono 19!”
La terapia shock ha funzionato come speravo: una cena-esecuzionecapitale a base di cibo grasso e pesante al Marceliukės Klėtis (Niki prima: ”Ho una fame della madonna!” Niki dopo: “Basta…mamma mia”), fiumi di birra e poi Brodvėjus. Al pub ci siamo poi incontrati con un altro gruppo di Italiani. E’ incredibile come in questo paese un grosso gruppo di uomini in un locale non sia considerato un gruppo di sfigati, ma semmai una dispensa di prede per le avvenenti avventrici. I ruoli sessuali si rovesciano, gli uomini salgono su piedistallo, le ragazze bramano, il locale è sempre pieno da scoppiare. Che si balli o no, che si cerchi una compagna o meno, non importa. Questa prima serata ha fatto ai nostri due l’effetto che ha fatto a tutti quelli che ci vengono per la prima volta e la cosa mi ha fatto felice, volevo che subito si ambientassero a come vivo io qui e non è stato un problema.
Qui tutto è possibile, tutto succede. E’ il caffè della vita che passa attraverso un filtro chiamato erasmus. La vita qui, la bevanda divina, eccitante, gustosa, persistente, inebriante, intensa, semplice da preparare, calda, senza impurità. Perfetta.

La torre della TV, sempre un simbolo del passato sistema

Noi tre, appena riuniti

lunedì, aprile 25, 2005

Thoughts

Proprio un momento fa, mentre cercavo me stesso in bagno, ho trovato dei ricordi. Ho pensato alla mia casa in Italia e ne ho visualizzato le stanze. L’atmosfera generale della casa, con il leggero disordine profondamente umano e mai noioso, il maledetto telefono che non dà tregua. Una catasta di fogli e posta in attesa di smaltimento su una sedia in sala. Le chiavi sul tavolino antico che se tutti le lanciano lì presto si rovinerà tutto. In bagno il poster di un politico paraguaiano dalla faccia corrotta che deve stimolare la diuresi (qui ho messo la foto di Lukashenko e funziona). Lo studio di mia madre col profumo di incenso. La camera di mio fratello con lui che dorme fino a tardi di domenica e io mi annoio. Il giardino che d’inverno era bellissimo così bianco. Mio padre in studio di sera al lavoro seduto al PC con solo un piccolo lumino (come fa?) e tanti libri. Tutto è così come l’ho lasciato, nella mia mente. Camera mia me la immagino immersa nella polvere e sigillata come la porta del Giubileo a Roma. Di certo non è così, anzi, spero che qualcuno la usi. Insomma, oggi sono un po’ scazzato, per il corso di graphic design ho portato due schizzi ridicoli, vacui e pure un po’ sbagliati e la cosa mi è dispiaciuta. Tutti avevano un malloppone di cose da mostrare e io me ne vengo con tre cagate e il PC con una grafica ridicola e semplice e sembrava pure che volessi fare il figo a portare il portatile (ma era solo per non andare a stampare apposta). So bene che non devo preoccuparmi, che sono in erasmus e la vita accademica per me è fin troppo semplice, ma si tratta di orgoglio personale. Va bene fare poco e vedere molto, ma non sono un idiota e voglio che le mie idee –secondo i miei colleghi buone in quanto libere dai vincoli accademici- vengano messe in pratica in modo corretto. Altrimenti un’idea senza azione non vale nulla. Per il corso di urban design, invece, le mie idee valgono abbastanza e mi do anche da fare per metterle in pratica bene e il professore è soddisfatto, sembra. Mentre graphic proprio non mi piace anche perché mi sembra di non saper fare nulla. A Milano lavoriamo sempre in gruppo e ci si organizza. C’è chi sa fare i rendering, chi gli schizzi, chi il modello. Qui invece sono solo e devo districarmi in ogni ambito, il tempo è poco, di sera tiro tardi e mi è difficile trovare la voglia di applicarmi. E’ equilibrio. Se la vita è molto festaiola le energie si concentrano lì e l’ambito professionale ne risente. Se facessi di più il monaco otterrei risultati superbi all’accademia, ma credo di aver già deciso che i risultati li voglio trovare nella dimensione personale, sociale, culturale. Fare poco e vedere molto e applicare il ‘visto e vissuto’ quando torno anche nel lavoro/studio. Sto imparando cose nuove comunque, anche se l’aula non è sempre quella universitaria.
Giovedì arriva mio fratello Alan accompagnato dal nostro amico comune Niki. Sto pensando a cosa farli fare, ma credo che opterò per la terapia lituana d’urto full immersion, se non saranno troppo stanchi per viaggio. Non rivelo ancora i particolari, ma farò foto.
Oltre a farmi molto piacere rivedere mio fratello dopo quasi due mesi, è l’occasione buona per avere un po’ di pressione e produrre il più possibile per l’accademia in modo da fare il più possibile insieme e godersi i giorni senza preoccupazioni di consegne o altri fastidi. In più martedì prossimo arriva Christian. Non vedo l’ora di vederli tutti!
Per riassumere, comunque, non sono triste. E’ un po’ di (sana) preoccupazione, con l’aggiunta di ripiglio da ieri sera, poco sonno, grattacapo su come procedere e dove cercare la soluzione al progetto e scoprire che domani alle 13:00 devo aver pronto un modello (cristo).
Scrivere adesso poi mi sta rilassando, in sottofondo ho messo il CD ucraino dei Betnizza che cantano l’inno sovietico con la voce di Bob Marley (geniale). Fuori fa meno freddo dopo la spruzzata di neve (!) che ha fatto due giorni fa. Settimana prossima forse avremo addirittura +25°C, spero! In casa c’è disordine, ma è il periodo svogliato, è la primavera, è il cambiamento che necessita il suo tempo.
Se piove, il terreno si bagna, ma so che il sole sta uscendo e presto asciugherà ogni pozzanghera.
Stare troppo bene fa un po’ paura.

martedì, aprile 19, 2005

Lenin

Info sul regime di Minsk cliccando qui e qui. Una cosa curiosa e' che ci hanno controllato poco alla frontiera, paradossalmente ci hanno messo di piu' i Lituani a fare il giro dei passeggeri del treno. I Bielorussi, dall'alto dei loro cappelli con la stella, hanno fatto finta di sfogliare un po' il passaporto e non hanno nemmeno controllato i bagagli, cosa che ha fatto un ufficiale lituano (mi ha fatto aprire lo zaino, mi ha chiesto se avevo qualcosa da dichiarare e mi ha fatto richiudere, niente di che). Si capisce in effetti che i Lituani debbano essere un po' piu' zelanti in quanto il loro paese e' il border della Comunita' Europea.


La statua di Lenin davanti al parlamento di Minsk che non abbiamo visto per motivi di tempo

lunedì, aprile 18, 2005

Minsk

Andai, fotografai e tornai. Che esperienza, Minsk. La dittatura c’è, ma da turista non ti invade la vita. Appena arrivato e dopo aver girato un minimo la città devo dire che non pensavo di trovarmi in una città così. Minsk è bella. Durante la guerra la città è stata completamente rasa al suolo (‘coventrizzata’) dai nazisti e poi dai sovietici che vi scovavano i nazisti per venire poi ricostruita ex novo dopo il 1945. Infatti i palazzi sono tutti nuovi e la vera e propria città vecchia comprende un quartiere di un manipolo di casette e una chiesa ortodossa dalla rara bellezza. Minsk è pulita da far spavento. Armate di spazzini ripassano le strade quasi costantemente lasciandole impeccabili, le vie sono molto ampie lasciando spazio per vedere il cielo, molti parchi, trasporti funzionali, le stazioni della metropolitana sono molto belle e la città pullula di persone comuni, agenti di polizia, militari, gerarchi e agenti in borghese. La gente è benvestita e anima la città a ogni ora. La prima impressione è stata positiva, ma pian piano sono venute fuori la caratteristiche della dittatura di Aleksandr.
Risalgo via Skorina quando a un tratto resto stupefatto, ma non voglio credere ai miei occhi. Ma devo. Di fronte al palazzo del Ministero degli Interni (leggi pure KGB) c’è un parchetto e all’entrata di esso una imponente statua: il busto di Feliks Džerdžinsky. Solo che non siamo al Gruto Parkas, ma in una città. La statua è al suo posto! Che dire di un paese che onora ancora il capo della Čeka? Regime.
Andiamo verso il Grande Museo Patriottico della Guerra, in piazza Oktyabrskaya (piazza dell’Ottobre…). Questa piazza ci colpisce molto. Ampia come nella miglior tradizione socialista, è caratterizzata dal Palazzo della Repubblica e dal Museo. Il primo bello, il secondo no, entrambi tipicamente sovietici. Dei cubi con finestre. Il Museo, dentro, è bello, purtroppo è tutto scritto in cirillico, ma ci sono talmente tanti reperti che alla fine risulta interessante. Poi lentamente uno si stufa anche però perché sembra che ogni misero soldato fosse stato un eroe. Stanze e stanze solo di foto di persone e descrizione delle loro gesta e chiaramente poco spazio è dedicato agli sforzi occidentali. Piano piano il cirillico diventa leggibile, le parole –dizionario alla mano- riconoscibili e passate falci e martelli e un busto di Stalin ornato di fiori (!), usciamo alla ricerca di cibo e del nostro appartamento come concordato con Sasha alla partenza, che prima non siamo riusciti a raggiungere, perché qui telefonare non è facile come siamo abituati.
Ci muoviamo verso piazza della Vittoria per restare senza fiato alla vista dell’obelisco con falce e martello, stella dorata, fiamma eterna e palazzoni con le scritte “подвиг нaродa бессмертен” (podvig naroda bessmerten), ‘la vittoria del popolo è immortale’. Impressionante, se non fosse che con questo fatto della vittoria raggiunta dal popolo il regime basa tutto. Ovunque ci sono cartelli che ricordano che fra un mese avranno luogo i festeggiamenti per i 60 anni di vittoria sull’invasore. Con tutto il dolore e la distruzione che la guerra ha portato mi sembra lo stesso un po’ eccessivo fare a tutti due palle così con la vittoria. OVUNQUE falci e martelli, stelle, colore rosso, foto di gloriosi soldati… e basta! Certo, da qualche parte bisognerà pur mantenere vivo l’orgoglio nazionale. Così però, per uno che viene da fuori, è un po’ ridicolo.
Andiamo a telefonare a Sasha che risponde e poi mette giù. Più volte. Ah… non abbiamo dove dormire, quindi. Che si fa? Cerchiamo di chiamare Roberto, che è un amico di Giovanni che dovrebbe trovarsi a Minsk, ma lui non risponde proprio. Chiediamo aiuto, ma nessuno sembra saper parlare inglese. Ci guardiamo sconsolati, ma senza essere preoccupati, c’è qualcosa nel nostro stato mentale che non ci fa perdere fiducia. L’energia positiva fluisce e non viene trattenuta da pessimismi. D’altronde c’è poco tempo per piangersi addosso, c’è da vedere ancora molto nonostante i piedi ci facciano già male e gli zaini pesino. Sulla mia gloriosa Minsk in Your Pocket scaricata da internet (qui non la vendono, come non vendono i giornali stranieri, Lukashenko controlla l’informazione) leggo dell’ufficio turistico Belintrourist (subito rinominato Belìn-Tourist), a venti minuti di cammino da qui. Passiamo accanto al fiume, la giornata è calda e limpida, la città è stupenda così. La darsena dl fiume riflette i raggi del sole ovunque e gli alberi del parco sembrano ancora più verdi.
Arriviamo all’ufficio del turismo e ci accoglie una signora cicciotella dalla voce alta (la classica comare russa), chiediamo se possiamo telefonare o se almeno può aiutarci a comporre il numero visti i diversi prefissi da mettere. Ma anche qui, niente. A questo punto già che siamo qua chiediamo se c’è un buon posto dove dormire. La comare chiede a una collega qualcosa in russo, e questa si mette al telefono, ma non parla. Boh. Dopo dieci minuti di attesa scopriamo che il posto c’è e una doppia costa 55$ a notte con colazione. Accettiamo e veniamo mandati da un ragazzo giovane con due scrivanie da gestire che dal nulla ci dice che non c’è posto. Strano, gli chiediamo di riprovare, ma risponde che c’è una fiera del business a Minsk e gli hotel sono tutti pieni. Non molliamo la presa e gli chiediamo di ritentare e finalmente telefona. Adesso la situazione è diversa, la stanza c’è e costa 54$, 1 $ in meno. Boh, come un videogioco. La prendiamo, lui prende i passaporti e prenota per noi, poi la comare ci accompagna a pagare (in rubli… circa 40 miliardi di questi Paperdollari) e -meraviglia delle meraviglie- quando chiediamo dove sia l’albergo la comare ci indica una piccola e insulsa porta. La apriamo e ci troviamo nella hall dell’albergo, entrati attraverso una porta secondaria. Non mi sarei meravigliato se fossi uscito dal frigorifero della cucina dell’hotel. Che paese. Se segui la via più macchinosa raggiungi tutto qui. Un vigile del fuoco italiano in missione umanitaria di ritorno da Gomel (vicino a Chernobyl) ha chiesto direttamente alla reception vedendosi proporre un prezzo di 67$. Comunque, la camera è dignitosa e la colazione abbondante.
Ci manca però conoscere qualche Bielorusso, altrimenti facciamo turismo da ClubMed. La sera usciamo per cercare una discoteca che è però vuota nonostante la megaressa di giovani che bevono e fanno casino in piazza; potrebbe essere la Spagna, incredibile! Torniamo verso casa ancora felici di aver visto tanta gente in giro. Detto fatto, conosciamo due ragazze locali con cui passeggiamo e chiacchieriamo. Alle mie domande sulla Bielorussia vedo un po’ di imbarazzo e a Giovanni l’altra ha proprio detto che di Lukashenko non si parla. Ridi ridi, scherza scherza, salutiamo Natasha e Marina e alla fine andiamo a nanna con una birra in corpo e una stanchezza da record, ma felici. Primo giorno.
Sabato riusciamo a incontrare Roberto, che ci porta nel suo appartamento. Da fuori un palazzo pulito e sistemato, ma dentro… eh si, la pulizia della città è solo una fatto di facciata, ma gli ingranaggi del sistema sono odiosi e marci. Ci diamo appuntamento per la sera e andiamo in un negozio di cartoline, dove compriamo una foto del grande dittatore e dove ci si avvicina una ragazza italiana. Ecco Mirella, la nostra nuova guida a Minsk. Laureata in russo, ha un ragazzo bielorusso e ci risolve un po’ di dubbi sul paese. Giriamo per un paio di centri commerciali pieni di stelle, falci e martelli e ritratti del leader e andiamo verso la sede del primo partito comunista bielorusso, dove l’orgoglio per Lenin e Džerdžinsky sono ancora vivi accanto a una micromostra di sartoria sacra. Nel Guestbook scriviamo in cirillico “Viva il Baffo sarto!” (Lukashenko fa tutto qui) e “Ci piacciono li polli, l’abbacchi e le galline” (che è una headline romana vista la quantità di cibo che consumiamo). Dopo il museo incontriamo Andrej, il ragazzo di Mirella e ci organizziamo per andare domani a un museo-paese tradizionale bielorusso. Secondo lui nella sede del partito sono cominciati tutti i guai per il suo paese. Il giorno dopo decidiamo di vederci alle 11. Andrei ci porta in macchina fino allo stadio del Dinamo Minsk dove possiamo visitare un mercatino di roba taroccata a prezzi stracciati. Lo confesso, ho comprato 3 CD e un DVD e ho speso 32000 rubi, poco più di 10 euro. La legge sul copyright? Roba imperialista.
La sera la passiamo con Roberto in un ristorante-discoteca dal nome impronunciabile che ci allieta con uno spettacolo di una bravissima coppia di ballerini e ci fa ridere con una coreografia sciapa di un gruppo di ragazze sgambettanti vestite in stile Tropicana, ma ridicole.
Domenica mattina accendiamo la TV e con nostra gioia possiamo ammirare “Arsenal”, il quarto d’ora giornaliero di propaganda sulle forze armate bielorusse, su TB, da noi rinominata TeleBozzetto (Lukashenko più non è d’un bozzetto bielorusso) o TeleBaffoeRiportino. Ecco Lukashenko carrista, dopo le testimonianze di Lukashenko aviatore, soldato, giocatore di hockey, muratore, atleta, scienziato, poeta, contadino, vercingetorige, apribottiglie, cazzuola, prato, insetto, satellite, porta-CD, automobile. Fa tutto, lui, che cool che è. Tutto qui a Minsk è un’esibizione di durezza del membro (del partito) socialista, dai mille monumenti ai caduti e alla vittoria ai ridicoli cappelli-piattaforma degli sbirri (meri bravi di Aleksandr-Don Rodrigo). Inoltre, su TB possiamo ammirare come parlino solo della Bielorussia e un programma sullo sport di regime dei ragazzi giovani: correre col fucile, correre con una persona sulla barella, strisciare col fucile, eccetera. Regime! Regime! E parlano ancora di eroi dell’Unione Sovietica!
La giornata al museo-paese è molto interessante e ci immerge nella natura, lontano dal cemento e dai suoi spazzini, ma il week-end finisce. Mirella e Andrej sono proprio dei grandi, ci hanno guidato benissimo e con loro abbiamo passato una giornata splendida e istruttiva, parlando del passato e del presente del paese. Ecco altri contatti nell’agenda erasmus. Peccato tornare, ma la mia vita è a Vilnius. Nel treno posso apprezzare una diretta testimonianza di regime (oltre ad aver saputo che in piazza della Vittoria ci sono microfoni e telecamere nascosti)! Gio e io chiacchieriamo, quando un ragazzino di 15 anni viene a sedersi da noi, interessato da noi. E’ molto sveglio e ci chiede un po’ di cose sull’Italia, poi Giovanni gli dice che abbiamo visto Arsenal in TV e gli chiediamo cosa ne pensi di Lukashenko. E lui risponde col pollice in su “Okay! He’s cool!” E noi gli diciamo che si, fa tutto, aviatore, soldato, sportivo e ridiamo. A un certo punto vedo che il ragazzo incontra lo sguardo di una donna seduta prima vicino a lui e si blocca per una quasi impercettibile frazione di secondo, abbassa lo sguardo cercando di mantenere lo stato d’animo ilare, ma quando noi continuiamo a fare battute (apposta), con nonchalance si porta il dito al naso e ci dice “shhh”.
Berlusconi non ha tutto questo potere.


Senza parole al parco Džerdžinsky

Piazza dell’Ottobre con il monumentale Palazzo della Repubblica

La vittoria del popolo è pene socialista in erezione

Uno dei pochi promemoria sulla festa della vittoria

L’equivalente di 20 Euro

Il Bozzetto protagonista di TeleBozzetto

In cirillico, cassa

Nel museo, il Radioso Avvenire Profetizzato dai Simboli della Democrazia del Popolo con Statue di Affrante Madri della Patria che Piangono i Gloriosi Soldati Pionieri della Lotta Rivoluzionaria contro l’Invasore Fascista Tedesco (l’anno prossimo mi candido da qualche parte)

In un centro commerciale, promemoria a falci e martello

Il museo-paese tradizionale bielorusso

mercoledì, aprile 13, 2005

StalinWorld

Che stanchezza. Oggi, dopo una capatina in accademia, dove ho scoperto che ho preso 8/10 nel corso di pittura, io e quattro compagni siamo andati a vederci il celeberrimo Gruto Parkas, un parco dove il magnate locale dei funghi in scatola ha fatto riporre le vecchie statue di regime. Un’esperienza divertente e istruttiva, si nota fino in fondo la retorica di una dittatura che, atea, non ha fatto altro che creare feticci. Ora questi pezzi di storia giacciono umiliati fra gli alberi di un paesino sconosciuto a 130 km a sud della capitale.
Ogni statua riporta una breve descrizione biografica della persona rappresentata e per Lenin, Stalin e Džerdžinsky (il fondatore della Čeka, il futuro KGB) i commenti sono pesanti, ma oggettivi. Se pensiamo che la popolazione lituana è stata letteralmente decimata da esecuzioni sommarie ed estenuanti deportazioni (un mese di viaggio attraverso l’URSS in un treno bestiame, come facevano i nazisti) è chiara la repulsione totale per il vecchio regime e i suoi leader tale ed per questo non fanno lo sconto a nessuno. Interessante, alcune statue riportano tracce di imbrattamenti ripuliti per quanto possibile, un segno dell’odio dei cittadini verso il potere sovietico.
Una curiosità comunistissima che ho potuto ammirare è il distributore pubblico di bicchieri d’acqua. Si vede nella foto che segue. Come funziona: si inserisce una moneta (qualche copeco immagino), si preme il bottone e l’acqua viene fatta cadere nel bicchiere. Ma! Il distributore distribuisce solo acqua, non bicchieri. Il bicchiere è sempre lo stesso per tutti, è assicurato al distributore e dopo aver bevuto va sciacquato premendolo, rovesciato, contro un tasto come quello usato dai baristi per raffreddare il bicchiere. Immaginiamo come apparirà il bicchiere dopo una settimana. Fatto? Adesso immaginiamo il profumo inebriante dopo che ci ha bevuto un ubriacone dalla puzza d’aglio. Bello, no?
Un posto da vedere, devo dire che fare la foto insieme a Stalin mi ha messo un po’ di timore, ma mettere il dito nel naso di Feliks Džerdžinsky è stato un grandissimo sfizio che mi sono finalmente tolto (ha delle caccole di muschio dentro).
Riguardo a Minsk, sono raffreddato mentre Giovanni forse ha addirittura la febbre, ma venerdì mattina saremo lì a fare un po’ di rivoluzione. Forse.


Io e il mio amico Vlad.

Da sinistra: Vlad, Mantas, Feliks, io e Josif.

Il curioso distributore d’acqua. Non era in funzione purtroppo.

martedì, aprile 12, 2005

Businessmen

Ogni poco mi capita sotto mano qualche altro businessman per forza. E’ gente che viene qua magari anche a lavorare, ma deve spacciarsi come Berlusconi in persona. E no! Il fatto di essere qui, in un paese più povero e meno industrializzato del nostro non ti autorizza a comportarti come il Dio dell’economia che scende in terra a insegnare ai Lituani (chiaramente esseri inferiori) come da un investimento crei profitto. E invece mi tocca sorbirmi dei pipponi sulle mille concessioni ottenute, su quanto sei ganzo a muoverti in questo pazzopazzo mondo, di come adesso stai pensando a importare sbucciabanane elettrici perché è una nicchia non soddisfatta e c’è da farci un po’ di quattrini. Cacciatori di occasioni, ma più parlano di quanto spacchino il mondo, più mi avvicino a capire che non stanno facendo un cavolo o addirittura che stanno qua solo a fare i fighi a spese del papi.
Le stronzate piovono e non si trova il rubinetto, ogni secondo italiano qui si occupa di “affari… sai…” e ovviamente “qui non sanno come si mangia, io solo per come cucino me ne sono trombate tante che non le conti sulla dita delle mani e dei piedi”. E giù un altro pippone sulle capacità culinarie e su quanto sia un drago con le donne. Io che devo fare? Spengo l’audio, imposto il mio linguaggio corporeo su “modalità annuire” e imposto il timer su “ogni 15 secondi” e taccio. Quando le cagate iniziano a seppellirmi mi raschio la gola, mi alzo e ordino una birra.
C’è sempre questa lotta per la sopravvivenza in certa gente: ti racconto –soggettivamente- tutto di me, altrimenti se sto zitto capisci che sono una nullità e visto che sono qui da solo ho bisogno di avere gente che mi ritenga un drago e mi accetti nel loro gruppo. Un po’ come certi mammiferi che cercano di alterare il loro odore corporeo per farsi accettare in altri branchi. Io ho il raffreddore con conseguente naso tappato da un po’ di giorni.
Блядь!

giovedì, aprile 07, 2005

Inflation

Come c’era da aspettarsi, la Bielorussia è da vari anni (o da sempre?) oggetto di una forte inflazione, cosa che rende un rublo inutile per qualsiasi spesa. Il cambio a oggi è 2775 rubli per un euro, il che significa quasi che andremo in giro con la carriola piena di soldi come nel 1929. Infatti, se dividi il prezzo di un rotolo di carta igienica bielorussa per il suo numero di strappi scopri con sorpresa che è più conveniente pulirsi con le banconote da un rublo che con la carta fresca di fabbrica.

martedì, aprile 05, 2005

Viza/2

Oggi sono tornato al consolato bielorusso per tentare la fortuna e fare finalmente il visto. Al cancello, però, mi si presenta una situazione strana. Coda. Ma senza alcun criterio organizzativo. La gente è in fila e sembra che debba entrare appena un altro esce, ma non è del tutto così. Alcuni entrano, altri escono, altri aspettano in fila senza fare una piega. Davvero non comprendo il criterio. Giovanni e io ci mettiamo in coda e ancora alcuni entrano a blocchi, altri singolarmente, altri si fanno sorpassare senza dire nulla. Cerco un qualcosa –qualsiasi cosa- che dia un input riguardo ai criteri di entrata, ma più che altro mi sembra che la gente stessa non sappia perché aspetti, ma aspetta. Dico a Giovanni che è ora di fare i Lituani e appena aprono il cancello saltiamo tutta la fila e entriamo. Nessuno protesta, nessuno in realtà nemmeno reagisce. Sticazzi, siamo dentro. Alla porta d’entrata del consolato spunta d’un tratto il biondo di ieri e ci chiede –sempre in bielorusso- cosa vogliamo.
Io dico solo “Viza!
Ci fa entrare, pretty crowded, ci chiede i passaporti e FA UNA BATTUTA! Dice: “Oh, Italiaaano” con cadenza maccheronica e abbozza un sorriso. Gli faccio vedere che i documenti sono già pronti, ma comunque sparisce dietro la porta e torna con un altro burocrate pelato. E adesso comincia la mezza fregatura dei nemici imperialisti. Il pelato ci dice che dobbiamo aspettare sette (?) minuti che arrivi il consulente turistico (?). Gli dico che vogliamo fare il visto per conto nostro ma mi ignora del tutto, un po’ facendo anche orecchie da mercante. Aspettiamo.
Arriva il consigliere turistico, è Lui, il bozzetto brutto di ieri e ci porta nel suo ufficio, cioè il tavolo pubblico altezza uomo. Guarda le nostre scartoffie, aggiunge delle frasi in cirillico e ci chiede 90€ a cranio…
Abbiamo solo Lita, allora dice che il cambio è 3,5 a 1 e allora dobbiamo dargli 315 Lt a testa, Giovanni gli risponde che intanto il cambio è semmai 3,45 (giusto per non fare i fessi) e allora il bozzetto risponde che no, QUI nel consolato è 3,5… poi dice che vanno bene anche 310 Lt (?).
Paghiamo, il brutto inizia a vagare per gli sportelli per un’ora e poi torna con i nostri magnifici visti!
Ci spiega che il nostro recapito bielorusso dovrà essere l’hotel Minsk, ma noi abbiamo già una casa, così dovremo avvertire che andiamo altrove e dire dove. Leggo su Minsk in Your Pocket che non è raro venir svegliati nel cuore della notte da una telefonata (di controllo). Ma si può? Leggo anche che per avere un telefono cellulare con numero bielorusso bisogna fare un po’ di acrobazie:
1) Start-up fee da 87,00br (belarussian roubles)
2) 17,200br rental fee mensile da pagare in anticipo
3) e come se non bastasse, il telefono va testato alla modica cifra di 40,000br
Ora, cosa vorrà dire che il telefono va testato, se non che va adattato al controllo da parte dei servizi di sicurezza (aka di repressione della libertà di parola) a proprie spese? Sono convinto che ne vedrò delle belle (in senso ironico), sono curioso da morire di vedere un paese che ancora conserva una via Lenin e statue socialiste. Una Repubblica Indemocratica fondata sull’Anacronismo Storico.
Il visto! Spero che non mi asciughino perchè i geni hanno scritto "An" invece di "Jan".

lunedì, aprile 04, 2005

Viza

Oggi, dopo pranzo, sono andato a fare il visto per andare a Minsk. Il consolato subito mi infastidisce: divieto di tenere accesi i telefonini e tutte le informazioni scritte in bielorusso con l’alfabeto cirillico. Subito penso a quanto siano ospitali. Un cartello mi avverte, anche in inglese, che sto entrando in territorio bielorusso. Noto con soddisfazione che -però- alcune parole scritte in cirillico riesco a leggerle e a capire vagamente a cosa si riferiscono. Entro, sorpasso un metal-detector che non rileva nulla (strano, ho un mazzo di chiavi da due chili in tasca) e mi accoglie un signore biondo dal vago aspetto slavo (SICURAMENTE una spia!) che mi chiede in russo (o bielorusso) cosa io desideri.
Dico: “Viza” (lo so, in inglese si dice visa, ma qui è scritto in lituano, ok?)
Il biondo mi chiede i passaporti (mio e di Gio) e sparisce dietro a una porticina bianca, per poi tornare con un burocrate panzone e calvo che mi dice di seguirlo, mi mette a un bancone, mi da due fotocopie di moduli di richiesta visto, indica un pannello scritto in russo con le istruzioni e aggiunge: “Per qualsiasi domanda… chiedi a lui.” Il Lui in questione è un uomo molto brutto, in piedi al bancone di fronte a me, intento a compilare due moduli per due ragazze dal passaporto israeliano. E’ un agente di viaggi, infatti da dietro la sua maschera di sudore (faceva caldissimo lì dentro) resta un po’ stupito che un funzionario gli ordini di aiutare un terzo sconosciuto, mentre lui lavora per due ragazze paganti. Infatti sul momento ho solo pensato “che bello, un dipendente del consolato messo lì ad aiutare nella compilazione!” mentre poi ho capito che proprio non c’entrava nulla. Tra l’altro quando il panzone me l’ha indicato è stato strano apprendere dell’esistenza di un personaggio chiave proprio di fronte a me ma perfettamente anonimo poco prima. E’ come quando Ethan Hunt si accorge che i camerieri del ristorante sono spie, anche se ce li aveva intorno per tutto il tempo. Vabbè…
Ringrazio, torno a guardare il foglio e vedo che è scritto anche in inglese, mentre le istruzioni sul pannello sono in cirillico. Paradossi arroganti da dittatura. Non ho la biro, me la faccio prestare dalle due Israeliane.
Poco male, capisco tutto quel che devo scrivere anche se non vedo come possa interessare dove lavoro o chi è il mio capo. Vabbè. Procedo, finchè non mi gelo un attimo su una domanda:
HAVE YOU EVER BEEN DEPORTED FROM ANY COUNTRY? WHEN? WHICH COUNTRY?
...
Che cazzo vuol dire se mi hanno mai deportato? Ma sono domande da fare? Giuro, non ho capito se è il mio inglese che ha delle lacune, se è il loro, o se veramente si tratta di robe penali in puro stile sovietico. Ho sorriso e ho barrato la casella no. Per tutte le altre domande sul genere cazzo cerchi in bielorussia sono stato molto diligente e ho compilato tutto, per poi scoprire che non basta portare il certificato di purezza socialista e negata deportazione, ma serve anche la foto! Ho piegato il foglio, me lo sono messo in tasca e tornerò domani per sborsare gli 80€ di diritti consolari per ogni visto. Per l’alloggio a Minsk ho chiamato un certo Sascha di Minsk, amico di un ragazzo italiano che lavora qui che ci offre a 30€ al giorno un appartamento per due. Niente di meglio direi! Ultima dittatura europea, arriviamo!

Changes

Passato effettivamente il primo mese, la situazione si assesta, il che non significa che Vilnius sia meno spassosa. Ammetto che fino ad ora per l’accademia ho fatto veramente poco, direi il minimo necessario, sfruttando anche la fama che mi circonda grazie all’università che mi ha mandato qui. Alle lezioni vado, sia chiaro, faccio quel che c’è da fare ma non tento di distinguermi a ogni costo. Insomma, il primo mese è il mese orgasmico da nuova vita, è quello della sensazione inspiegabile di libertà mista alla consapevolezza di avere il potere sulla propria vita… e questo porta a fare festa sempre.
Omeostaticamente, il corpo trova l’equilibrio: grande talento nel fare casino, poca creatività all’accademia. Infatti fino ad ora l’unica cosa che mi ha sempre distinto (allori sui quali mi sono bellamente seduto) è la mia capacità a fare schizzi veloci ma comunicativi. Il resto, invece, era tutto un po’ così così a mio parere.
Adesso invece so che se esco mi diverto da matti, so che ogni giorno devo aspettarmi qualcosa di sbalorditivo (succede di tutto qui) e quindi adesso voglio altro. Eccomi a trovare la voglia e la costanza di produrre qualcosa di buono per l’accademia. E le idee buone e nuove mi vengono se tengo a mente il progetto. Proprio oggi il professore ha detto “cool idea”, e questo mi ha dato una nuova vibrazione, un nuovo oggetto di ricerca, un nuovo obiettivo: festa va bene, ma dovrò ben portare a casa qualcosa di fatto. Nel senso professionale intendo, perché sul piano personale le esperienze che sto facendo qui sono tantissime.
Altri cambiamento è quello del tempo. Oggi ho tolto la giacca verde della foto del post precedente per mettere quella più leggera di pelle. Fa caldo.
E’ incredibile come la città si sia popolata di gente, è proprio come la primavera in cui crescono i fiori dal nulla. Che felicità e che differenza da due settimane fa, quando c’erano ancora -10°C!
Amo questa città, amo la sua gente, amo i tassisti scazzati, amo i portabandiera su ogni muro, le porte che si aprono pericolosamente verso l’esterno, le convalidatici a mano nei bus, gli ubriaconi che puzzano di birra economica e aglio, l’orgoglio di ogni bandiera, i russi col borsello, i turisti italiani riconoscibili dalla luna, la gente che ti ruba sorniona il posto in coda, la pigrizia dei camerieri allo ZaZa, il Chili Kaimas coi suoi cepelinai affogati nel grasso, le mie scarpe che si stanno consumando, dormire poche ore, la birra Švyturis, gli skater al palazzo dell’opera, la pasta schifosa molle e immangiabile, gli gnocchi alla romana che erano poi conchiglioni scotti all’aglio, aglio, aglio e peperoni, il Brodvėjus con le sue avventrici avvenenti e arrapate, l’atmosfera di cambiamento. Soprattutto.

sabato, aprile 02, 2005

Walking

Andato all'Europos Parkas senza pensare al pelo nell'uovo: il ritorno. Eccomi alle porte di Vilnius dopo qualche chilometro di scarpinata nel mezzo del nulla lituano. Che figata!

Appena raggiunto il XXI secolo ho chiamato un taxi.