Vilnius Man

lunedì, giugno 13, 2005

Россия

Ho fatto le valigie il giorno stesso, decidendo di portare il minimo indispensabile che con la giacca –però- riempie lo zainone. Una settimana di Russia va vissuta fino in fondo, vedendo tutto e risparmiando semmai sulla qualità del cibo, dell’alloggio e in casi di necessità, sull’igiene personale. Prendiamo il treno notturno del 4 giugno che parte da Vilnius alle sei meno venti e arriva al mattino al mio Sogno numero 2, San Pietroburgo (l’1 è sempre stata Mosca).
Posiamo gli zaini al deposito in stazione appena arrivati e ha inizio una prima avanscoperta della città. La prima impressione è di bellezza, ma al primo momento questa viene messa da parte per un primo giramento di scatole dovuto alla nostra scarsa organizzazione. Colpa nostra, ma abbiamo solo una guida cecoslovacca del 1987, il che ci porta a pascolare a caso in una città senza ancora riferimenti.
Per fortuna il viaggio a Minsk mi ha portato a leggere il cirillico senza troppi problemi e con mio stupore divento il lettore ufficiale dei cartelli (in Russia tutti hanno una e solo una funzione). Unito al ceco di un nostro compagno di viaggio, lingua per certi versi simile al russo, l’orientamento appare all’orizzonte. E’ un punto di informazioni turistiche, dove acquisto una guida della città.
Camminiamo, vedo molta sporcizia e sciatteria e molti poveri, la città è splendente, ma sprofonda sotto al peso del suo contesto sociale. Petra e io ridiamo alla costante propaganda sulla vittoria del 1945, alle foto degli eroi dell’Unione Sovietica e alle falci e martelli che ‘adornano’ buona parte dei palazzi. Anche qui non può mancare una tavola commemorativa dedicata al ferreo Felix (Džerdžinsky).
Continuo a chiedermi dove sia la linea che separa l’accettazione dalla critica della propria storia. Per ora sembra che sia solo cambiato il sistema economico e non lo stato mentale; ci sono soldati orgogliosi della loro divisa ovunque e gente di un’arroganza astronomica.
L’attaccamento alle divise è interessante e ovvio se ci penso: è dal 1917 che le teste vengono lavate verso questa direzione, così non ci si dovrebbe stupire troppo vedendo un poliziotto in divisa che fa la spesa o un soldato in tenuta da addestramento (non da uscita!) che prende il treno.
Però ti turba.
Anche l’antipatia di fondo della persone è a mio avviso niente più che una facile vendetta verso le usurpazioni delle autorità durante il regime. Rispondere bene non costa niente, ma rispondere con aggressività non può venir punito! Mi turbava all’inizio, ora ci ho preso confidenza e riesco a rispondere a tono quando serve.
Oltre al visto, quando si arriva in Russia si hanno tre giorni per farsi registrare dalle autorità come turista presente nel paese. Di norma questo timbro (altro non è), viene fatto gratis, ma non ci abbiamo messo troppo a capire che intorno a questa necessità si è formato un business. Il gruppo decide di andare all’hotel dove dovrebbero registrarci gratis, io non ci sto perché non ci credo e voglio visitare la città. Mi stacco dal gruppo accompagnato da un piccolo nucleo di persone per girare la città e buttare un occhio nelle magnifiche chiese ortodosse della città. A causa dei bolscevichi, molte non sono altro che musei, mentre una stragrande maggioranza –secondo una guida russa- “sono saltate in aria tra il 1930 e il 1950”. Chi sia stato e perché non viene detto.
Ci riuniamo agli altri dopo varie ore. Hanno le pive nel sacco, all’hotel gli hanno sparato un prezzo di 450 rubli (13 euro), così ritengono di andare in un ufficio pubblico, dove dovrebbe essere gratis. Là ci rifiutano di farlo solo per partito preso e ci mandano in un altro posto. Una guardia arrogantissima (alza le spalle, gira gli occhi, sorride con evidenti segni di giudizio verso di noi) all’ingresso parla solo russo e tedesco, così vengo buttato nella vasca. Lezione russa con la burocrazia: Mantenere la calma, insistere, attendere, cercare di commuoverli con gentilezza. Tutti cedono prima o poi, perché sotto sotto i Russi sono ospitali. L’arrogante dopo un po’ si scioglie ma evidentemente il business della registrazione è una specie di legge ufficiosa. Ci manda in un ufficio dove una burocrate appena ci vede chiude lo sportello, il guardiano dice che chiude alle 17:00 (sono le 17:08). La tipa esce e io chiedo di aiutarmi. Il guardiano a questo punto è proprio gentile e ci fa da traduttore, ma la burocrate in divisa tergiversa e ci dà un altro indirizzo dove dovrebbe essere gratis. Il tedesco dice che in alternativa possiamo andare in qualsiasi hotel della città e mi stringe la mano sorridente augurandomi buona fortuna. Passiamo da due hotel che rifiutano di timbrare e l’altro ufficio è chiuso. Due dei nostri tornano al primo hotel ma ormai l’addetta al timbro non ha tempo. Mi passa per la testa un “vaffanculo Russia”, poi sorrido e penso che fa parte del casino di questo paese. Ce ne occuperemo a Mosca, adesso basta perdere tempo per risparmiare 13 euro.
Lezione numero 2: registrarsi subito. Non avere i documenti in regola in Russia non vale la pena e può portare anche all’arresto.
Per la notte siamo divisi in gruppi. Ci appoggiamo all’hospitality club, che è un portale online che mette in contatto chi vuole ospitalità e chi ne vuole offrire in tutto il mondo. Petra, Maria Laura e io capitiamo da Vladimir, che abita in 10-я Sovyetskaya (via del Soviet, che c‘è di meglio?). Una targa sulla facciata ci informa che Lenin ha dormito nello stesso palazzo per qualche giorno. Vladi dev‘essere ancora piuttosto convinto, lavora come giornalista per un quotidiano sovietico ed è one-man-band come artista di strada in giro per il mondo. Un personaggio. Ha detto che dopo la morte di Stalin l‘architettura è passata dall‘ornamento molto pesante a uno stile "più pratico", intendendo gli orribili palazzoni color cemento che deturpano tutte le città dell’est europeo. La casa è magnifica, rimasta a 30 anni fa, con una medaglietta di Lenin in bagno e strumenti musicali ovunque. Un grande, l’ultima sera facciamo fuori tre bottiglie di vino e quasi un chilo di pasta fatta da noi. E ridere, ridere, ridere. Indimenticabile.
Si parte per Mosca, devo dire che per ora San Pietroburgo mi è piaciuta, ma Stoccolma resta la mia città numero uno per bellezza e configurazione. Mi riesce difficile ammetterlo visto quanto tenevo a vedere la “Città-eroe Leningrado” (è scritto su un palazzo in piazza Mayakovskaya).
Ci viene a prendere a Mosca alle 9:30 in stazione uno di quelli che ci ospitano, Sergeij. L’incontro è in stazione sotto la statua di Lenin (ormai non mi stupisce nemmeno più). Ci propone di andare a portare i bagagli a casa di Lena, altra ragazza che offre spazio, e nella sobbalzante Metropolitana nel nome di Lenin (oggi rinominata Metrò di Mosca) comincio a pensare che stiamo per perdere tempo per risparmiare due soldi di deposito.
Infatti.
La casa della ragazza è a quasi un’ora di metrò e piedi dal centro, in un eccellente appartamento in un laido quartiere di palazzoni della zona sud-est della capitale. Lena è scartata. Sergeij è quasi scartato quando gli scappa di dire che non ha il frigo né l’acqua calda per le prossime tre settimane. C’è un altro Sergeij, che però sta lavorando, che potrebbe essere la nostra opportunità.
Torniamo nel centro della città, in metrò abbiamo un veloce incontro con l’altro Sergeij, è in abito e dalla faccia mi ispira simpatia. Si presenta e poi torna al suo lavoro.
Camminando per una via del centro a un certo punto mi volto a sinistra e vedo qualcosa di colorato. E’ la Porta della Resurrezione, in mattoni rossi, e attraverso essa si vede, sul lato opposto della piazza, la famosa Cattedrale di San Basilio. Mi si ferma il fiato e un’eccitazione fortissima mi sale dai piedi alla testa. Sento un misterioso legame verso questa città e sono quasi spaventato ad attraversare la Porta. Siamo tutti esitanti, ma la attraversiamo.
Più mi avvicino alla Porta, più sulla destra si rivelano la Torre del Salvatore, il Mausoleo di Lenin e la Torre del Senato. Il Cremlino. La Piazza Rossa. Si apre sconfinato il panorama urbano visto e rivisto in libri, cartoline e in TV, ma mai vissuto così. Monumentalità, grandiosità, storia, potenza, grandezza, tutto è concentrato in questo luogo che sembra più piccolo visto attraverso un medium. Rischio di stramazzare al suolo colto da Sindrome di Stendhal, penso, e non riesco a trattenere un sorriso ebete a 33 denti.
Sono nella fucina dove per secoli è stata forgiata la storia del mondo e ancora oggi se ne sente l’influsso palpabile. Voglio rimanere qui. E’ troppo bello. Già meglio di Pietroburgo.
Sergeij carica la sua pipa e andiamo a mangiare qualcosa accanto al Mac dietro la Piazza e cominciamo a girare dopo aver lasciato i passaporti in un luogo dove fanno la registrazione per 450 rubli. Ora iniziano a girarmi le scatole. Camminiamo piano, ogni minuto c’è da fermarsi per aspettare qualcuno, Sergeij-pipa sembra non conoscere la sua città e ci sta facendo girare in tondo da due ore e non ci dà alcuna indicazione su cosa sia cosa. E’ che da quanto ho capito vogliamo ammazzare il tempo per tornare alle 18:00 a prendere i passaporti (io li prenderei anche domani, tanto abbiamo un certificato di quell’ufficio! Alle 18:00 i passaporti –infatti- non ci sono e ci dicono di tornare domani.) Questo non è visitare la città e decido di fare qualcosa. Propongo di andare a cercare una libreria e di prendere una vera guida turistica per essere liberi di dividerci, altrimenti in 12 quali siamo non combiniamo niente. Sergeij ci porta a una libreria, dove trovo quel che cerco, ma non mi sembra carino salutare e andare per conto nostro subito. Propone di visitare la vecchia via Arbat, ci andiamo anche se è molto turistica, nel frattempo consulto cosa c’è da vedere.
Sergeij-pipa è definitivamente scartato.
Di sera andiamo a prendere i bagagli e riusciamo ad andare dall’altro Sergeij. E’ un project-manager di una società di consulenza ed è anche un biologo appassionato di ragni. Viene da Tomsk, in Siberia, e vive a Mosca da qualche anno. E’ il migliore, Sergeij-the-best.
Il giorno dopo ci alziamo alle 07:00 per iniziare il giro. La giornata è produttiva come tutte quelle che verranno fino al giorno della nostra partenza, riusciremo a vedere quasi tutto quello che mi interessava quanto il mio grande rimorso sia non essere riuscito a entrare nel Mausoleo di Lenin e nella casa di Stanislavskij, il fondatore del Metodo di recitazione.
A mezzanotte del 10 giugno mi trovo nella splendida metropolitana moscovita quando i miei compagni di viaggio intonano un “Happy Birthday” nel vagone fra Russi impassibili. Sono nel mezzo del Sogno numero 1 ed è pure il mio compleanno.
L’11 lo passiamo al Museo Pushkin e al Museo accanto, quello delle Collezioni Private per concludere con una giornata al VDNKh, il parco delle esposizioni voluto da Stalin e costruito interamente nell’omonimo stile. Surreale, talmente folle e megalomane da diventare fashion. In quella chiama un amico di Petra dall’Italia, soprannominato Congiuntivo per un ovvio problema coi verbi, e dice che non ha capito il messaggio con cui gli avrebbe risposto e cerca di ricordare che lei avrebbe (avrebbe, perché è un’ipotesi sua) scritto qualcosa sul trovarsi “nel cram… crem… nel cremino!
Il Cremino, meraviglia della pasticceria per le sue guglie di cioccolato dalle indiscutibili fattezze artistiche.
A volte sono felice di essere umano, non ti annoi mai.
Ma la vera Russia arriva di sera, quando incontriamo tutti per bere qualcosa in un bar, compresi Lena, Sergeij-pipa e Sergeij-the-best.
Non mi aspettavo un altro “Happy Birthday” ma arriva corredato da un poster del Museo Mayakovskij e un videogame violento da parte di Sergeij-the-best, che ha confermato di essere the best.
A noi, suoi ospiti, però, non va di passare la serata in un locale e così torniamo a casa a mangiare ravioli russi con maionese e bere vodka Putinka (di Putin) e un’altra grappa russa, assieme anche al coinquilino di Sergeij, Mikhail (non the best ma very good), anche lui dalla Siberia.
Sergeij prende un bicchierino, lo riempie e lo butta giù senza succo e intona un “hmm… softly”.
Dopo un po’ di baldoria Mikhail sparisce, poi torna un po’ brillo e con nonchalance indica le mie due compagne di viaggio e dice: “You… and you. Come, you sleep in my room”.
Intendeva che avrebbe offerto la sua stanza, nulla più. E’ l’ospitalità russa che stavolta però non ha avuto la meglio, ma che ridere, quando mai mi ricapiterà di bere vodka con due russi siberiani a Mosca?
Una delle serate più belle della mia vita, che ha concluso la settimana al meglio. Il ritorno in bus è stato un po’ scomodo, ma per il resto la vacanza è trascorsa in un solo modo:
Hmm, softly.

2 Comments:

  • Grande! Pratico and softly, effettivamente la Russia si può riassumere in qsti due termini! Ciao viaggiatore!

    By Anonymous Anonimo, at 16 giugno, 2005 09:23  

  • .. Mitico hai solo dimenticato un'esperienza meravigliosa a San Pietroburgo... Non c'è perdono, non c'è pietà, per che sgarra, la società!

    By Anonymous Anonimo, at 16 giugno, 2005 09:34  

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