Vilnius Man

martedì, marzo 15, 2005

Housing

Sono stato in un palazzo popolare sovietico qualche giorno fa. Finalmente, ero tanto che volevo sapere come si viveva al tempo dei russi. Il posto si trova ben al di là del fiume Neris, a nord-est della città. Il fatto che anche il mio appartamento sia dell’epoca sovietica non vuol dire nulla, perché quest’altro è da raccontare e non è neanche dei peggiori.
Il palazzo da fuori si presenta già male, piastrelle gialline, il classico color cacchina che chi ha visitato un paese del fu blocco sovietico sa di cosa parlo. Ovviamente ampie zone dei muri esterni hanno perso da tempo buona parte delle piastrelle. Sul lato corto del palazzo uno sopra l’altro si trovano i balconi (comuni ovviamente) ed è curioso come un balcone si possa consumare con l’uso. Non uno, e ripeto, non un balcone è uguale all’altro. Ognuno ha subito vari lifting manutentori alla ben’e meglio. C’è chi al posto della barriera protettiva ha una piastra di ondulato in vetroresina verde (scrostato ovviamente), chi ha un frankenstein fra barriera vecchia e pezzi nuovi (di varie ere geologiche) saldati assieme, chi una tavola di legno e così via. Uscendo dal centro si possono ammirare ovunque questi balconi personalizzati. E il legno è la decorazione più amata dai consumatori.
Torniamo al palazzo. Uno direbbe che un mastodonte così dovrà avere un portone ben visibile, invece no, si entra da una specie di porta sul retro con molla che la richiude (è senza serratura) per venir portati a una rampa di scale.
La rampa di scale.
La prima cosa che mi ha colpito, visto il buio, è stato l’odore. L’odore di cibo si riconosceva benissimo, ma non ne sono certo, però credo di aver potuto distinguere anche un retropuzzo di escrementi. Saliamo al quinto piano. Sembra che nessuno si sia mai preoccupato di dare una pulita un po’ più amorevole alla rampa di scale; ci sono scritte sui muri, vernice scrostata, scalini di granito consumati e rotti. Fa schifo. Eccoci al quinto piano, ed ecco dov’è la serratura. Ogni piano ha la sua porta di accesso, mentre al palazzo può accedere chiunque. Democratico, metti che devo fare pipì e fuori c’è -25. La faccio dentro, no?
Il mio accompagnatore apre la serratura, eccoci al quinto piano. Di nuovo buio, in fondo al corridoio c’è una finestra che mi mostra il contorno di una signora e la poca luce da fuori fa specchiare anche una parte dell’inquilina sul pavimento di linoleum marrone. Sono impressionato da quanto sia lungo il corridoio, che la casa si estenda in una dimensione sconosciuta che da fuori non si vede?
Non ricordo il colore delle pareti (perche' cosi' tanto buio?), ma penso fossero verdi scuro, ci incamminiamo verso l’appartamento, mi volto un attimo perché mi accorgo che sono vicino a uno dei balconi comuni, guardo fuori e vedo la recinzione che qui è in vetroresina. Sul balcone tutto il piano evidentemente stende i panni, ora coperti dalla neve a fiocchi della grandezza di un pugno. Mi intriga tutta questa strana realtà.
L’appartamento ha una strana porta ricoperta di pelle (finta) e curiosamente si apre verso l’interno, mentre nel resto della Lituania si aprono verso l’esterno, da me compreso. Entro e cosa vedo? Color cacchina ovunque. Non capisco perché i sovietici amassero circondarsi di colori tristi, cosa c’è di fascista in un bell’appartamento allegro e colorato? Forse esser felici presuppone che un altro soffra, quindi è meglio che soffrano tutti? Smetto di chiedermelo e mi levo le scarpe, mi arrotolo un po’ su i pantaloni che sono tutti fradici vicino ai piedi e procedo ad analizzare. Ma quanto piccolo è? Dopo la porta ci sarà un’anticamera di 3 metri quadri e poi la stanza, credo che in totale non si vada oltre i 10-15 metri quadri. Non mi torna qualcosa, anzi due cose, torno in “anticamera” (cioè mi giro e faccio mezzo passo), guardo a sinistra dove ho visto due porticine, ma capisco che sono armadi. Alla mia destra c’è un frigo e su di esso, un forno a microonde. Dov’è il bagno? Dov’è la cucina?
Il mio accompagnatore sorride perché sa che non è normale per me una cosa così, ma il bagno non è in casa. Dopo aver preso quello che c’era da prendere torniamo nel corridoio, ora mi viene in mente cosa mi ricorda: la corsia di un ospedale mastodontico, solo che le camere sono troppo piccole per essere di un ospedale. Ci saranno una cinquantina di appartamenti in questo piano e sono serviti di solo due bagni e una cucina, tutto in comune.
Quante cose diamo per scontate.
Sto imparando a non giudicare più nulla, perché ogni volta ti si rivela qualcosa di nuovo e utile.
Oggi ho fatto 6 ore di lavoro al PC ininterrotte, sono fuso, fuori ha smesso di nuovo di nevicare, stamattina c’era il sole e la neve si stava sciogliendo, poi è tornata la bufera, ma senza più quel freddo odioso che ti brucia la pelle. 6 ore fa ero abbastanza giù di morale, ma è un momento ciclico causato dalla mole di roba da fare non fatta prima (birbone). E’ troppo bello qua, sto così bene, mi sembra di galleggiare sul pelo dell’acqua, che poi è la mia vita. La MIA vita. Che sogno, è mia e la sto gestendo io. Dopo le uscite selvagge degli ultimi giorni ho capito che avere qualcosa da fare ti tiene coi piedi per terra, altrimenti è facile perdere quel minimo di disciplina e si finisce nei guai, ma con un obiettivo la vita diventa la retta che unisce A a B. Un po’ di zig-zag è –però- d’obbligo.
"Questo di tanta speme oggi mi resta..." (la foto e' di un palazzo in Russia)

2 Comments:

  • complimenti bellissimo post. le tue descrizioni mi portano per un attimo là... le vedo coi miei occhi quelle cose! Grazie. un abbraccio e un muffin, eli.

    By Anonymous Anonimo, at 16 marzo, 2005 20:05  

  • ed io che mi lamento perchè non ho la singola...ciao jan!L.

    By Anonymous Anonimo, at 18 marzo, 2005 20:04  

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