Vilnius Man

venerdì, gennaio 28, 2005

Rothko

C'è un artista che mi è davvero rimasto impresso. Di tutta l'arte contemporanea, discernendo però dai geni indiscussi tipo Duchamp, Picasso, Balla, Boccioni, Dalì, Ernst, Warhol, Oldenbourg, adessobastafareilfigo ecc. ammetto che uno su tutti non riesco a togliermelo dalla testa. Mark Rothko, c'è qualcosa di folle e geniale in lui. Di geniale e folle? Boh, non so. C'è una ricerca così profonda verso la perfezione assoluta -irraggiungibile- che mi spaventa un po'. Perchè perdersi nell'irraggiungibile? C'era un altro apparente folle a cui era venuta la mania di costruire il suo albero Merz raccattando monnezza per le strade. Un genio? Forse in questo caso così incomprensibile da esserlo proprio. In quanto tutto, nel suo lavoro, era giustificato, ma apparentemente folle (parlo di Kurt Schwitters). Dov'è la linea di demarcazione tra genio e follia? C'è una linea? Serve separare le due cose? Cos'è, poi, la definizone di follia?
Ma torniamo a Rothko. Un paio di settimane fa, a Modena, c'era un suo quadro. Grandissimo, pesantissimo. Ultimo quadro prima del suicidio.

M. Rothko, Untitled (Black on Gray), 1969-1970